Illegittimo l’obbligo della museruola che origina dal criterio della razza
L’amministrazione Comunale non può obbligare all’uso della museruola facendo riferimento al solo criterio della razza.
Così ha sentenziato la seconda sezione del Tar Lazio (sentenza n. 7100/2016) annullando l’ordinanza comunale che ne imponeva l’obbligo. Invero gli studi medico-veterinari, ricorda il giudice amministrativo, acclarano che non può stabilirsi “il rischio di una maggiore aggressività dell’animale in base alla razza o ai suoi incroci”.
Si aggiunga poi che, secondo il giudice amministrativo, l’ordinanza ministeriale del 2008, dalla quale origina il provvedimento dell’amministrazione comunale, è da considerarsi obsoleta, poichè lo stesso ministero della Salute ha successivamente chiarificato che tale obbligo deve seguire ad una valutazione,riferita al singolo caso, da parte dei servizi veterinari dell’Asl.
L’articolo 639 del codice penale prevede il reato di imbrattamento che punisce chi deturpa o imbratta cose mobili o immobili altrui con la multa fino a centotre euro, multa elevata a un importo compreso tra trecento e mille euro se il fatto è commesso su beni immobili o su mezzi di trasporto pubblico o privato e ulteriormente elevata a un importo compreso tra mille e tremila e affiancato dalla reclusione da tre mesi a un anno se il fatto è commesso su cose di interesse storico o artistico.
Al fine di evitare conseguenze penali è possibile portarsi al seguito una bottiglietta d’acqua per pulire. Così si potrà dimostrare di essere intenzionati a ridurre quanto più possibile il rischio di imbrattare e sporcare i beni altrui.
Tale tesi è stata fatta propria dalla Corte di Cassazione che ha assolto un uomo dal reato di imbrattamento proprio perché aveva portato con se una bottiglietta d’acqua, a dimostrazione della sua volontà di minimizzare i danni (Cfr. Cass. n. 7082/2015)
Oltre all’aspetto penale, i proprietari i cui cani fanno la pipì in luoghi pubblici o privati possono essere soggetti anche ad una sanzione amministrativa. Non di rado le Amministrazioni Comunali, hanno previsto delle ordinanze con le quali si impone ai cittadini non solo di raccogliere gli escrementi, ma anche di “lavare via” le pipì. Pena l’applicazione di salate sanzioni.
Animali in auto
E’ importante sapere che se decidiamo di metterci in “viaggio” con i nostri amici a 4 zampe è necessario rispettare regole specifiche per il trasporto di animali in auto e sapere che qualora tali regole non fossero rispettate sono previste multe che oscillano tra i 68, 50 (sessantotto euro e cinquanta centesimi) fino ai 275,10 (duecentosettantacinque euro e dieci centesimi). Alla multa andrà poi aggiunto il decurtamento di 1 punto dalla patente di guida . Invero l’articolo 169 recita quanto segue: “(…) è vietato il trasporto di animali domestici in numero superiore a uno e comunque in condizioni da costituire impedimento o pericolo per la guida. È consentito il trasporto di soli animali domestici, anche in numero superiore, purché custoditi in apposita gabbia o contenitore o nel vano posteriore al posto di guida appositamente diviso da rete od altro analogo mezzo idoneo che, se installati in via permanente, devono essere autorizzati dal competente ufficio provinciale della Direzione generale della M.C.T.C.“
Il successivo art. 170 codice della strada (“Trasporto di persone e di oggetti su veicoli a motore a due ruote”) così recita: “Sui veicoli di cui al comma 1 (motocicli e ciclomotori, ndr) è vietato trasportare oggetti che non siano solidamente assicurati, che sporgano lateralmente rispetto all’asse del veicolo o longitudinalmente rispetto alla sagoma di esso oltre i cinquanta centimetri. Entro i predetti limiti è consentito il trasporto di animali purché custoditi in apposita gabbia o contenitore.”
La responsabilità del Comune nel caso di incidenti stradali imputabili ad animali randagi.
Anche quando la normativa regionale afferente il tema del randagismo destina ai servizi veterinari delle ASL il compito di catturare cani e gatti randagi, la giurisprudenza ritiene ormai che, in considerazione del ruolo primario che compete ai comuni nell’attività di prevenzione di tale fenomeno, sia possibile addossare agli enti locali, qualora non adempiano gli obblighi loro imposti dalla normativa di settore vigente e dai principi generali che incidono sull’agire dell’amministrazione, la responsabilità per i danni cagionati dagli animali vaganti. Tale tesi acquisisce particolare rilievo, quando il legislatore regionale (Governo Regionale), come in Sicilia, attribuisce ai comuni l’obbligo di recupero degli animali randagi. In tal senso si è altresì espresso il Tribunale di Sciacca, mediante la sentenza 2 maggio 2016, n. 229.
In precedenza anche con la Sentenza n. 2741 del 29 ottobre 2014 della Corte di Cassazione, sez. III Civile veniva riconosciuta la responsabilità dell’Azienda Sanitaria e del Comune per un incidente causato da un cane randagio e che vedeva coinvolto un uomo in sella ad un ciclomotore, al quale l’animale ha bruscamente tagliato la strada, facendolo cadere rovinosamente a terra. Azienda sanitaria e il Comune devono fronteggiare tutti i problemi relativi al randagismo poichè “la pubblica amministrazione è responsabile dei danni riconducibili alla omissione dei comportamenti dovuti”.
Animali e catene
Legare animali con catene costituisce reato indipendentemente dalle condizioni di cattività in cui essi sono cresciuti o costretti avivere. Sulla base del superiore assunto, la Cassazione ha confermato la condanna a carico del circo Togni per aver detenuto in condizioni incompatibili con la loro natura e caratteristiche etologiche due elefanti. La Cassazione ha ritenuto legittima la sentenza del tribunale di Milano che nel dicembre 2014 aveva condannato Livio Togni, proprietario dell’omonimo circo, al pagamento di una ammenda di 1.800 euro per il reato previsto dall’art. 727, 2° comma, del c.p. Tale sentenza conferma nuovamente il principio secondo cui detenere un animale a catena sia incompatibile con la sua natura, indipendentemente dalla condizione di cattività (con cui sono costretti a convivere).
ANIMALI E CONDOMINIO
L’articolo 1138 del Codice civile – così come modificato dalla legge 220/2012 – stabilisce che «le norme del regolamento» condominiale «non possono vietare di possedere o detenere animali domestici». La Suprema Corte di Cassazione ha riconosciuto “un vero e proprio diritto soggettivo all’animale da compagnia nell’ambito dell’attuale ordinamento giuridico” secondo un’interpretazione in continua evoluzione e proiettata in direzione delle norme vigenti, che “impone di ritenere che l’animale non possa essere più collocato nell’area semantica concettuale delle cose” ma “deve essere riconosciuto come essere senziente”. Così ha statuito la Cassazione ritenendo a tal proposito che “il gatto, come anche il cane, deve essere considerato come membro della famiglia e per tali motivi va collocato presso il coniuge separato con regolamento di spese analogo a quello del figlio minore”.
Il nuovo testo dell’articolo 1138 del Codice, però, ha sostiuito il termine “da compagnia” animali “domestici”. Una differenza che potrebbe generare non pochi “equivici”. Facendo poi riferimento al buon senso e alle altre norme poste a tutela degli animali domestici e non dovrebbe sussistere sempre il divieto di detenere animali esotici (come ad esempio i rettili); sfortunatamente però non è così chiaro l’inquadramento degli animali d’affezione che non sempre sono “domestici” in senso proprio, come molti roditori.
Saranno comunque da rispettare le disposizioni insite nell’ordinanza del ministero della Salute, entrata in vigore il 23 marzo 2009, che impone ai proprietari dell’animale di mantenere pulita l’area di passeggio, di fare sempre uso del guinzaglio indipendentemente dal luogo e – nel caso di animali aggressivi – di far indossare la museruola al cane. Resta ferma la responsabilità civile ex articolo 2052 del Codice civile e penale del proprietario qualora l’animale cagioni danni o lesioni a persone, animali o cose nonché l’obbligo , in caso di pericolosità dell’animale, di stipula di apposita polizza assicurativa. Non appare superfluo ricordare che l’animale non può essere lasciato libero in luogo pubblico e se da tale libertà derivino danni a cose persone o animali, il proprietario dovrà risponedere civilmente e penalmente.
Il Tar Calabria – Catanzaro, Sezione I, con la sentenza n. 1135 del 27 giugno 2015 “Vietato vietare alimentare animali randagi”.
Recentemente il Tar Calabria ha accolto il ricorso di più associazioni animaliste avverso un provvedimento che prevedeva il divieto assoluto di alimentare cani e gatti randagi. Un Consiglio comunale ha deliberato un Regolamento comunale “per la detenzione dei cani e la prevenzione del randagismo”, e l’ articolo 5 del citato Regolamento prevede “il divieto assoluto di alimentare, anche saltuariamente, cani vaganti di proprietà altrui o senza proprietario” vietando anche di “lasciare alla portata dei cani vaganti rifiuti contenenti residui alimentari, e favorire l’ alimentazione di cani di cui non si conosca la proprietà o la provenienza”. Il ricorso al Tar, si basava sull’ illegittimità di questo articolo, per contrasto con la Legge statale 14 agosto 1991, n. 281, e con la legge regionale della Calabria n. 41/1990, entrambe rivolte a favore degli animali e per la prevenzione del randagismo.
Abbaiare è un diritto specie se ha come scopo la difesa della proprietà
Il tribunale di Lanciano (19,Giugno 2012) nella persona del giudice Giancarlo De Filippis ha sentenziato che abbaiare è un diritto del cane, specie quando aiuta l’uomo nella difesa della sua proprietà. Nel caso oggetto di giudizio era accaduto che due cani erano accusati di avere disturbato i vicini con il loro abbaio. Il giudice oltre al riconoscere il diritto dei cani ad abbaiare ha aggiunto che essi svolgevano una funzione importante poiché , predecessori delle sirene degli antifurti (trovandosi l’abitazione in una zona di campagna isolata).
L’OBBLIGO DI SOCCORSO
Nel caso in cui un animale si trovi in difficoltà a causa di un incidente stradale vige l’obbligo del soccorso (art. 31 Legge 29 luglio 2010, n.120).
Questa è una delle modifiche apportate dalla riforma del Codice della Strada dell’estate 2010 (articolo 31 della Legge 120/2010 e del relativo Decreto Ministeriale 9 ottobre 2012 n.217)
Legge contro il traffico di cuccioli
LEGGE 4 novembre 2010, n. 201. Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987, nonche’ norme di adeguamento dell’ordinamento interno. (10G0220) (GU n.283 del 3-12-2010 ).
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato; IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Promulga la seguente legge: ART. 1. (Autorizzazione alla ratifica). 1. Il Presidente della Repubblica e' autorizzato a ratificare la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987.
ART. 2. (Ordine di esecuzione). 1. Piena ed intera esecuzione e' data alla Convenzione di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformita' a quanto disposto dall'articolo 18 della Convenzione stessa.
ART. 3. (Modifiche al codice penale). 1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 544-bis, le parole: « da tre mesi a diciotto mesi » sono sostituite dalle seguenti: « da quattro mesi a due anni »; b) all'articolo 544-ter, primo comma, le parole: « da tre mesi a un anno o con la multa da 3.000 a 15.000 euro » sono sostituite dalle seguenti: « da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro ».
ART. 4. (Traffico illecito di animali da compagnia). 1. Chiunque, al fine di procurare a se' o ad altri un profitto, reiteratamente o tramite attivita' organizzate, introduce nel territorio nazionale animali da compagnia di cui all'allegato I, parte A, del regolamento (CE) n. 998/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, privi di sistemi per l'identificazione individuale e delle necessarie certificazioni sanitarie e non muniti, ove richiesto, di passaporto individuale, e' punito con la reclusione da tre mesi a un anno e con la multa da euro 3.000 a euro 15.000. 2. La pena di cui al comma 1 si applica altresi' a chiunque, al fine di procurare a se' o ad altri un profitto, trasporta, cede o riceve a qualunque titolo animali da compagnia di cui all'allegato I, parte A, del regolamento (CE) n. 998/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, introdotti nel territorio nazionale in violazione del citato comma 1. 3. La pena e' aumentata se gli animali di cui al comma 1 hanno un'eta' accertata inferiore a dodici settimane o se provengono da zone sottoposte a misure restrittive di polizia veterinaria adottate per contrastare la diffusione di malattie trasmissibili proprie della specie. 4. Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale per i delitti previsti dai commi 1 e 2 del presente articolo, e' sempre ordinata la confisca dell'animale, salvo che appartenga a persona estranea al reato. E' altresi' disposta la sospensione da tre mesi a tre anni dell'attivita' di trasporto, di commercio o di allevamento degli animali se la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti e' pronunciata nei confronti di chi svolge le predette attivita'. In caso di recidiva e' disposta l'interdizione dall'esercizio delle attivita' medesime. 5. Gli animali oggetto di provvedimento di sequestro o di confisca sono affidati alle associazioni o agli enti indicati nel decreto del Ministro della salute, adottato ai sensi dell'articolo 19-quater delle disposizioni di coordinamento e transitorie per il codice penale, di cui al regio decreto 28 maggio 1931, n. 601, che ne fanno richiesta, salvo che vi ostino esigenze processuali. 6. Gli animali acquisiti dallo Stato a seguito di provvedimento definitivo di confisca sono assegnati, a richiesta, alle associazioni o agli enti ai quali sono stati affidati ai sensi del comma 5. 7. Le entrate derivanti dall'applicazione delle sanzioni pecuniarie previste dalla presente legge affluiscono all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate allo stato di previsione del Ministero della salute e sono destinate alle associazioni o agli enti di cui al comma 5 del presente articolo, con le modalita' di cui all'articolo 8 della legge 20 luglio 2004, n. 189.
ART. 5. (Introduzione illecita di animali da compagnia). 1. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque introduce nel territorio nazionale animali da compagnia di cui all'allegato I, parte A, del regolamento (CE) n. 998/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, privi di sistemi per l'identificazione individuale, e' soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 100 a euro 1.000 per ogni animale introdotto. 2. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque introduce nel territorio nazionale animali da compagnia di cui all'allegato I, parte A, del regolamento (CE) n. 998/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, in violazione dei requisiti previsti dalla legislazione vigente, e' soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 500 a euro 1.000 per ogni animale introdotto. La sanzione non si applica se le violazioni sono regolarizzate nel rispetto di quanto disposto dalla legislazione vigente. 3. Salvo che il fatto costituisca reato, alla sanzione di cui al comma 2 e' altresi' soggetto chiunque trasporta o cede, a qualunque titolo, animali introdotti nel territorio nazionale in violazione di quanto previsto dai commi 1 e 2. 4. Si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.000 a euro 2.000 per ogni animale introdotto se gli animali di cui ai commi 1, 2 e 3 hanno un'eta' accertata inferiore a dodici settimane o se provengono da zone sottoposte a misure restrittive di polizia veterinaria adottate per contrastare la diffusione di malattie trasmissibili proprie della specie.
ART. 6. (Sanzioni amministrative accessorie). 1. Il trasportatore o il titolare di un'azienda commerciale che, nel periodo di tre anni, commette tre violazioni delle disposizioni previste dall'articolo 5, accertate in modo definitivo, e' soggetto alla sospensione dell'autorizzazione per l'esercizio dell'attivita' per un periodo da uno a tre mesi. Se il periodo intercorrente tra le due violazioni e' inferiore a tre mesi, e' applicata la durata massima della sospensione. 2. Il titolare di un'azienda commerciale che, nel periodo di tre anni, commette tre violazioni delle disposizioni previste dall'articolo 13-bis, comma 3, del decreto legislativo 30 gennaio 1993, n. 28, accertate in modo definitivo, e' soggetto alla sospensione dell'autorizzazione per l'esercizio dell'attivita' per un periodo da uno a tre mesi. Se il periodo intercorrente tra le due violazioni e' inferiore a tre mesi, e' applicata la durata massima della sospensione. 3. Il trasportatore che, nel periodo di tre anni, commette cinque violazioni delle disposizioni previste dall'articolo 5 della presente legge, o il titolare di un'azienda commerciale che, nel periodo di tre anni, commette cinque violazioni delle disposizioni previste dal medesimo articolo 5 della presente legge o dall'articolo 13-bis, comma 3, del decreto legislativo 30 gennaio 1993, n. 28, accertate in modo definitivo, e' soggetto alla revoca dell'autorizzazione per l'esercizio dell'attivita'. 4. Il trasportatore o il titolare di un'azienda commerciale nei cui confronti e' stata disposta la revoca dell'autorizzazione, ai sensi del comma 3, non puo' conseguire un'altra autorizzazione per l'esercizio della medesima attivita' prima di dodici mesi. 5. I soggetti che hanno accertato una violazione che prevede l'applicazione della sospensione o della revoca dell'autorizzazione del trasportatore o del titolare di un'azienda commerciale trasmettono all'autorita' che l'ha rilasciata copia del verbale di contestazione e ogni altro documento utile all'adozione dei provvedimenti di sospensione o di revoca.
ART. 7. (Procedimento di applicazione delle sanzioni amministrative). 1. Ai fini dell'accertamento e dell'irrogazione delle sanzioni previste dalla presente legge si applicano le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689, in quanto compatibili. 2. Quando una violazione delle disposizioni previste dall'articolo 5 della presente legge e' commessa utilizzando un veicolo immatricolato all'estero, si applicano le disposizioni dell'articolo 207 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni. 3. Il veicolo sottoposto a fermo amministrativo ai sensi dell'articolo 207 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, e' affidato in custodia, a spese del responsabile della violazione, ad uno dei soggetti indicati nell'articolo 214-bis del medesimo codice, di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, e successive modificazioni. Gli animali sono ricoverati, a spese del responsabile della violazione, in un luogo che garantisca la tutela del loro benessere nel rispetto delle norme vigenti in materia. 4. L'entita' delle sanzioni amministrative previste dalla presente legge e' aggiornata ogni due anni in misura pari all'intera variazione, accertata dall'Istituto nazionale di statistica, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nei due anni precedenti. A questo fine, entro il 1° dicembre di ogni biennio, il Ministro della salute, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e della giustizia, fissa, seguendo il criterio di cui al periodo precedente, i nuovi limiti delle sanzioni amministrative pecuniarie, che si applicano dal 1° gennaio dell'anno successivo. Tali limiti possono superare quelli massimi indicati nella legge 24 novembre 1981, n. 689. La misura delle sanzioni amministrative pecuniarie, aggiornata ai sensi delle disposizioni del presente comma, e' oggetto di arrotondamento all'unita' di euro, per eccesso se la frazione decimale e' pari o superiore a 50 centesimi di euro, ovvero per difetto se e' inferiore a tale limite. 5. Le autorita' competenti all'irrogazione delle sanzioni amministrative previste dalla presente legge sono il Ministero della salute, le regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, negli ambiti di rispettiva competenza.
ART. 8. (Entrata in vigore). 1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Data a Roma, addi' 4 novembre 2010
Cani in spiaggia
Con l’arrivo dell’estate sorge il problema di organizzare le vacanze con i nostri amici a quattro zampe.
Purtroppo programmare del semplice relax in spiaggia con i nostri animali risulta alquanto difficoltoso,per mancanza di strutture adeguate sufficienti e per ostacoli posti dalle amministrazioni comunali.
Sovente infatti vengono collocati cartelli di divieto di accesso in spiaggia per i cani , tale divieto nasce dall’ idea di salvaguardare l’igiene pubblica, sebbene basterebbe a tale proposito far rispettare la normativa vigente, che obbliga i proprietari a tenere al guinzaglio i propri animali ed a raccoglierne le deiezioni.
Per di più spesso tali cartelli risultano totalmente illegali, infatti perché questi siano regolamentari occorre che i Comuni emettano un’ordinanza che preveda:
• il divieto motivato
• l’estensione oraria del divieto.
L’ordinanza deve essere firmata dal sindaco, da un ‘assessore delegato o dal comandante dei vigili urbani e pubblicata sugli albi pretori dei singoli comuni.
Senza uno solo di questi elementi , l’ordinanza non è valida, non ha valore legale. Inoltre tali cartelli nel retro devono riportare il numero dell’ordinanza comunale di riferimento e la data di scadenza.
Senza il riferimento legge, anche se esiste un’ordinanza scritta, il divieto è nullo.
Quindi sarebbe opportuno verificare tali requisiti:spesso infatti i Comuni si limitano a piantare i divieti sulle spiagge e ad incassare le relative salate multe senza aver emesso ordinanze o posizionando cartelli irregolari.
Occorre rammentare che solo le forze dell’ordine e in particolare la Capitaneria di Porto e i Vigili Urbani possono invitare ad allontanarsi dalla spiaggia(non prima di avere informato della presenza della relativa ordinanza di divieto, del relativo numero e scadenza oltre il diritto di ogni cittadino di vederne e leggerne il contenuto).
Pertanto nessuno( bagnini,bagnanti o altri soggetti) ha titolo per cacciarvi da una spiaggia pubblica,o dalla battigia se in compagnia del vostro cane e qualora accadesse possono essere denunciati per reato di molestie.
Il divieto di condurre e far permanere in spiaggia qualsiasi tipo di animale (fatti salvi i tratti in concessione agli stabilimenti balneari che abbiano allestito aree attrezzate), appare ingiustificato e sproporzionato. In particolare se il Comune è inadempiente all’obbligo di individuare uno o più tratti di spiaggia libera da destinare all’accoglienza di animali da compagnia. Sentenza del TAR – Tribunale Amministrativo Regionale Lazio – Roma, 2° Sez., n. 03164 del 9 luglio 2014
Animali e Condominio
Una riforma innovativa del diritto dei condomini che sancisce l’inviolabile diritto a poter tenere con se l’animale da compagnia e contestualmente indirizza le controversie pendenti che riguardano la detenzione di animali in condominio verso soluzioni del tutto favorevoli ai loro possessori.
………………………………………………………
Cosa accadeva prima della riforma del regolamento condominiale:
La Corte di Cassazione (sezione 1 penale) con sentenza n. 1109 del 9/12/99, che fa giurisprudenza e può essere citata come precedente, ha annullato una sentenza con la quale la Corte d’Appello di Bologna determinava in lire 300mila lire di ammenda e 3 milioni di risarcimento danni la pena ad un signore “perché non impedendo gli strepiti e l’abbaiare di un cane detenuto presso la propria abitazione, disturbava il riposo e le occupazioni delle persone dimoranti nei pressi”.
La Corte di Cassazione ha stabilito che “è necessario per la configurabilità della contravvenzione di cui all’articolo 659 I comma del Codice Penale (disturbo alla quiete pubblica n.d.r.) che i lamentati rumori abbiano attitudine a propagarsi ed a costituire quindi un disturbo per una potenziale pluralità di persone, ancorché non tutte siano state poi disturbate (…) è necessario che i rumori siano obiettivamente idonei ad incidere negativamente sulla tranquillità di un numero indeterminato di persone (…) tale situazione non ricorre nel caso di specie poiché l’abbaiare del cane dell’imputato ha recato disturbo soltanto ai vicini di casa, né altrimenti poteva essere, trattandosi di abitazione, secondo le testimonianze assunte (…) il comportamento omissivo dell’imputato (che non è intervenuto prontamente per far cessare i continui latrati n.d.r.) integra tutt’al piu’ un mero illecito civile (…) annulla quindi sena rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste”.
Se il cane abbaia non è disturbo della quiete. Se il cane non disturba una pluralità di persone ma solo il vicino "il fatto non sussiste".
Perché vi sia reato "è necessario che i rumori siano obiettivamente idonei ad incidere negativamente sulla tranquillità di un numero
indeterminato di persone".(Cass.ne n. 1394 del 06/03/2000).
E' possibile (salvo eccezioni) vietare la detenzione di animali solo se nel regolamento condominiale istituito al momento del contratto di compravendita dello stabile ne viene fatta esplicita menzione.
L'assemblea condominiale non può impedire il possesso di animali neanche se vota all'unanimità.
E’ inesistente il divieto giuridico di tenere cani in condominio. Il regolamento condominiale che contenga una norma contraria è limitativo del diritto di proprietà e quindi giuridicamente nullo. L’Assemblea condominiale non può pertanto deliberarlo”Sentenza della Sezione della Cassazione n. 899 del 24 marzo 1972.
Sentenza della Sezione II della Cassazione n. 899 del 24-3-1972
“È inesistente il divieto giuridico di tenere cani in condominio. Il regolamento condominiale che contenga una norma contraria è limitativo del diritto di proprietà, quindi giuridicamente nullo. L’assemblea condominale non può deliberarlo”.
E’ vietato ai proprietari degli appartamenti, nonche’ ai conduttori degli stessi, possedere animali.
Spesso tali divieti sono ravvisabili nei regolamenti condominiali.
La questione e’ importantissima e non di rado determina contenziosi che riguardano la legittimita’ di tali clausole.
Bisogna distinguere tra regolamenti condominiali di natura contrattuale e regolamenti assembleari.
I primi sono quelli solitamente realizzati dal costruttore ed inclusi nei singoli atti di compravendita. Si tratta di veri e propri contratti che (come da costante giurisprudenza), possono prevedere oneri reali o servitu’ in capo alle singole unita’ immobiliari.
I regolamenti assembleari sono quelli approvati dalla maggioranza dell’assemblea dei condomini e, secondo quanto previsto dall’art. 1138, primo comma, c.c., devono contenere “le norme circa l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonche’ le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione”.
Nessun regolamento assembleare potra’ impedire ai condomini (siano essi proprietari o inquilini) di possedere un animale ( Tribunale di Piacenza 10 aprile 2001).
Nonostante questo tipo di regolamento debba contenere le norme relative all’uso delle parti-cose comuni, potranno essere considerate nulle tutte le clausole che nonostante riguardino esclusivamente le cose comuni determinino, anche solo indirettamente, una contrazione del godimento della propria abitazione. Il divieto di introdurre cani (o animali in genere) in ascensore,nonostante questo sia una parte comune si incide sulla possibilità di poter concretamente fruire della propria unita’ immobiliare (persona con disabilità motorie permanenti o anche solo temporanee).
La situazione si complica se il divieto e’ giustificato dalla tutela dell’integrita’ delle parti comuni. E’ il caso della clausola che vieta di introdurre animali in ascensore quando questi determinano sporcizia. E” chiaro che il divieto non può operare automaticamente, quindi il condominio dovra’ dimostrare che l’animale anzi quell’animale sporca le parti comuni .
I divieti sono validi solo se si prefiggono di evitare pregiudizi che comunque vanno sempre giudizialmente dimostrati (cosa non facile).
Ogni regolamento assembleare che preveda clausole diverse da quelle appena elencate potra’ essere impugnato dinnanzi all’Autorità Giudiziaria per nullita’ delle stesse.
Regolamento contrattuale.
E’ assodato sia in dottrina, sia in giurisprudenza (tra le tante Cass. 14 dicembre 2007, n. 26468) che il regolamento di condominio possa prevedere limitazioni agli usi sia delle porzioni di piano di proprieta’ esclusiva, sia delle parti comuni.
A tal proposito la Cassazione più volte ha statuito che “le restrizioni alle facolta’ inerenti alla proprieta’ esclusiva, contenute nel regolamento di condominio di natura contrattuale, devono essere formulate in modo espresso o comunque non equivoco in modo da non lasciare alcun margine d’incertezza sul contenuto e la portata delle relative disposizioni”(Cass. 20 luglio 2009, n. 16832).
Ma è chiara o interpretabile la postilla “e’ fatto divieto di introdurre e possedere animali nelle unita’ immobiliari”?
Le specie animali sono tantissime e pertanto ci si chiede: non è possibile neanche tenere un pesciolino rosso o una piccola tartaruga? E’ pacifico considerare una simile clausola come nulla e pertanto impugnabile per eccessiva genericita’.
E la clausola “e’ vietato possedere cani” (tra le altre cose molto piu’ frequente)? Pure questo divieto così espresso, può essere disatteso in quanto contrario a norme imperative.
Le norme imperative sono quelle stabilite dalla legge e non derogabili dalle parti. Tra queste rientrano quelle cosi’ dette precettive, tra le quali va annoverato l’art. 2 della Costituzione, che afferisce ai diritti inviolabili dell’uomo, considerato una norma aperta, cioè soggetta a interpretazione per garantire anche i diritti inviolabili non espressamente tutelati da altre disposizioni costituzionali. L’art2 con sempre maggiore frequenza è ricollegato al diritto del legame affettivo con un’animale domestico.
Oggi infatti gli animali rappresentano quelle affettivita’ personali intangibili e utili al corretto e completo sviluppo della personalita’ umana.
Se si tiene presente che un regolamento condominiale puo’ imporre un divieto sia in relazione all’attivita’, sia in relazione al pregiudizio che la stessa comporta (da ultimo Cass. 18 settembre 2009 n. 20237) è probabilmente opportuno considerare che le clausole che vietano di possedere animali sono da considerarsi lecite solamente quando è specificato il pregiudizio che gli stessi recano ed ovviamente a condizione che questo pregiudizio sia “effettivo”.
Nel caso si contesti che la detenzione dell’animale abbia comportato l’aver violato un diritto altrui, spettera’ al condominio o al singolo condomino dimostrare i pregiudizi arrecati. Solo il giudice, dopo l’accertamento del pregiudizio, potra’ allontanare l’animale. Ricordiamo che il nostro codice prevede 3 gradi di giudizio.
Tribunale Civile di Napoli 8.3.1994:
“Qualora una norma contenuta in un regolamento condominiale vieti la detenzione di animali che possano turbare la quiete o l’igiene della collettività, il semplice possesso di cani o di altri animali non è sufficiente a far incorrere i condomini in questo divieto, essendo necessario che si accerti effettivamente il pregiudizio causato alla collettività dei condomini sotto il profilo della quiete o dell’igiene”.
Il divieto di tenere animali nella propria abitazione potrebbe configurare la violazione della legge nazionale sul randagismo 281/91, la quale, invece, sancisce la tutela gli animali d’affezione e sanziona l’abbandono oltrechè costituire una limitazione alla libertà personale dell’individuo, fatto questo assolutamente anticostituzionale.
DETRAIBILITA’ DELLE SPESE VETERINARIE
I contribuenti possono detrarre dall’Irpef il 19% delle spese veterinarie fino all’importo di 387,34 euro e limitatamente alla somma che eccede i 129,11 euro.
In pratica la detrazione può consentire al massimo un risparmio d’imposta di 49,06 euro, cioè il 19% di 258,23 euro (importo massimo al netto della franchigia di 129,11 euro).
DETRAIBILITA’ FARMACI VETERINARI
Per poter usufruire della detrazione occorre essere in possesso sia della prescrizione veterinaria sia della fattura o del c.d. scontrino fiscale “parlante”; non è quindi possibile autocertificare l’acquisto di medicinali da banco necessari x la salute degli animali.
Nello scontrino “parlante” devono essere specificati la natura, la qualità e la quantità dei prodotti acquistati, nonché il C.F. del destinatario; x quanto riguarda la natura del prodotto acquistato, è sufficiente che lo scontrino rechi la dizione generica di “farmaco” o “medicinale”; x quanto riguarda la qualità del prodotto, deve essere specificato il tipo di farmaco acquistato (tale requisito deve ritenersi soddisfatto qualora lo scontrino rechi la denominazione del farmaco).
I medicinali vet. scontano l’iva del 10% e la prevista detrazione Irpef si applica sul lordo del corrispettivo pagato, quindi Iva compresa.
Detraibilità spese medico-veterinarie
In tal i documenti giustificativi della detrazione sono rappresentati dalle fatture fiscali rilasciate dal veterinario.
Richiesta copia parcella ai fini della detraibilità
La richiesta al veterinario da parte del cliente di una copia della parcella emessa deve risultare per iscritto ed il cliente deve altresì precisare esplicitamente i motivi della richiesta stessa.
Detta parcella emessa a suo tempo deve essere quindi oggetto di fotocopia e sulla stessa si deve poi apporre la dicitura “Copia conforme all’originale rilasciata a richiesta del cliente”; sulla stessa copia della parcella il veterinario dovrà apporre la data e la firma.
Nessuna marca da bollo va apposta sulla copia della parcella se l’onorario è stato interamente assoggettato ad Iva; se invece le parcelle dovessero evidenziare importi non soggetti o esenti da Iva, la copia della parcella è soggetta ad imposta di bollo nella misura fissa di € 1,29 (L. 2.500), che si corrisponde mediante apposizione di marche da annullare mediante l’indicazione della data di rilascio della copia.
Naturalmente la richiesta del cliente della copia della parcella deve essere conservata dal veterinario unitamente alla copia del documento rilasciato al cliente.
Il diritto-dovere di soccorrere gli Animali feriti
Sono in vigore dal 13 agosto le nuove disposizioni di legge in materia di soccorso agli animali vittime di incidenti stradali, secondo quanto stabilito dalla riforma del Codice della strada pubblicata in Gazzetta Ufficiale lo scorso 29 luglio. Le nuove norme introducono il principio secondo cui anche gli animali hanno diritto al soccorso in caso di incidenti stradali.
LE SANZIONI – La nuova legge prevede che soccorrere gli animali feriti è un diritto-dovere, con l’obbligo di fermarsi e assicurare un pronto intervento in caso di incidente. Colui che, responsabile di un incidente, non si fermerà o non si adopererà per assicurare un tempestivo soccorso agli animali coinvolti, rischierà una sanzione amministrativa da 389 a 1.559 euro. Nel caso in cui si sia comunque coinvolti in un incidente e non si richieda aiuto per gli animali coinvolti si rischia la sanzione amministrativa da 78 a 311 euro.
LO «STATO DI NECESSITA’– Si preve inoltre lo «stato di necessità» per il trasporto di un animale in gravi condizioni di salute, finora occasionalmente riconosciuto nei contenziosi per violazione del Codice della strada. Ciò significa che chi si occupa della loro cura urgente non può essere sanzionato se, per raggiungere un ambulatorio veterinario, si troverà a violare il Codice della Strada. I mezzi di soccorso veterinari e di vigilanza zoofila vengono equiparati a quelli di ambulanze, vigili del fuoco e forze di polizia.
Negli ultimi anni sono decine di migliaia gli animali vittime di incidenti stradali,la maggior parte sono cani e gatti abbandonati che non abituati ai pericoli esterni,il più delle volte non riescono ad evitare di essere coinvolti in incidenti il per lo più mortali.Le modifiche al nostro Codice della strada si muovono nella direzione del riconoscere agli animali lo stato di “esseri senzienti”, capaci cioè di provare dolore e gioia, rivoluzionario principio in vigore dal gennaio scorso con il Trattato dell’Unione Europea».
Collare antiabbaio = maltrattamento di animali
Incrudelimento senza necessità nei confronti di animali – Reato di cui all’articolo 727 c.p. Sussistenza – Fattispecie – Ord. Min. 5/7/2005. L’uso del collare antiabbaio, a prescindere dalla specifica ordinanza ministeriale del 5 luglio 2005 e dalla sua efficacia, rientra nella previsione del codice penale che vieta il maltrattamento degli animali (e nel caso in esame il referto medico del veterinario richiamato nella richiesta di sequestro preventivo attestava lo stato di sofferenza dell’animale). Pres. De Maio, Est. Marmo, Ric. Sarto. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 13 aprile 2007, Sentenza n. 15061
Cane in affido per i separati
I cani sono come i figli. Quindi, anche le spese di mantenimento saranno suddivise a metà, in caso di coppie separate. Lo ha stabilito il Tribunale di Cremona, intervenuto per un caso specifico, secondo cui “tutte le garanzie che sono previste per l’affido condiviso dei figli minori siano specularmente applicate per i cani”.
CANE MUORE INVESTITO, IL GIUDICE RICONOSCE IL DANNO BIOLOGICO ALLA PROPRIETARIA TRAUMATIZZATA
Investono il suo animale e il giudice di pace riconosce il danno biologico per il trauma della morte del cane. Protagonista della vicenda una famiglia duramente colpita dal dolore della perdita del compagno a quattro zampe, morto in seguito alle ferite riportate nell’impatto con un’automobile. Trudi era una piccola meticcia di sette anni che morì nel 2003 investita a Roma mentre attraversava la strada sulle strisce pedonali, al guinzaglio del proprietario.Era un cane regolarmente registrato che viveva da anni con la famiglia che lo aveva accolto. La sua perdita ha turbato la figlia del proprietario al punto da crearle problemi di tipo sociale e relazionale, impedendole per mesi di uscire da casa per il trauma della morte violenta di Trudi.
REGIONE SICILIA LEGGE REGIONALE 3 luglio 2000, n. 15
(GU n. 009 SERIE SPECIALE N. 3 del 10/03/2001 – BU Sicilia n. 032 del 07/07/2000) Istituzione dell’anagrafe canina e norme per la tutela degli animali da affezione e la prevenzione del randagismo. Ecologia URN: urn:nir:regione.sicilia:legge:2000-07-03;15
Preambolo
L’ASSEMBLEA REGIONALE
Ha approvato
IL PRESIDENTE REGIONALE
Promulga la seguente legge:
Art. 1. – Finalità
1 . La Regione siciliana, in attuazione della legge 14 agosto 1991, n. 281, e successive modifiche ed integrazioni, nell’ambito delle proprie competenze e nel rispetto delle leggi dello Stato, promuove la protezione degli animali con particolare riguardo alle condizioni di vita di quelli domestici e di affezione, l’educazione al rispetto degli stessi e sostiene gli interventi finalizzati alla tutela della salute umana ed animale, alla salvaguardia del territorio, al riequilibrio ambientale ed alla prevenzione del randagismo.
2 . Agli adempimenti previsti dalla presente legge, provvedono la Regione, le province regionali, i comuni singoli o associati, le aziende unità sanitarie locali, ognuno nell’ambito delle rispettive competenze, avvalendosi della collaborazione delle associazioni protezionistiche o animaliste.
Art. 2. – Istituzione dell’anagrafe canina
1 . A decorrere dal centottantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della presente legge è istituita l’anagrafe canina, cui sono iscritti tutti i cani presenti nell’ambito territoriale della Regione.
2 . L’anagrafe canina è istituita presso l’area di sanità pubblica veterinaria di ciascuna azienda unità sanitaria locale. Le aziende unità sanitarie locali, entro un anno dalla entrata in vigore della presente legge, provvedono ad attivare, di concerto con i comuni, ambulatori veterinari dove effettuare le operazioni di anagrafe e di sterilizzazione.
3 . L’anagrafe canina è gestita preferibilmente attraverso sistemi informatici che consentono, mediante apposita banca dati, anche la gestione dell’anagrafe zootecnica di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1996, n. 317.
4 . Per le finalità di cui al presente articolo, l’informatizzazione dell’area di sanità pubblica veterinaria delle aziende unità sanitarie locali, è effettuata dall’assessore per la sanità, ripartendo alle aziende unità sanitarie locali le somme stanziate dall’art. 27 in funzione della popolazione umana residente nell’ambito territoriale di ciascuna azienda.
Art. 3. – Obbligo della iscrizione
1 . I cittadini residenti in Sicilia sono obbligati a registrare all’anagrafe i cani di cui siano proprietari o detentori, a qualsiasi titolo, entro centottanta giorni dalla nascita degli animali.
2 . Per i cani esistenti nel territorio regionale al momento di istituzione dell’anagrafe il termine di cui al comma 1, decorre dall’istituzione dell’anagrafe.
3 . I cani provenienti da altre regioni, i cui proprietari o detentori sono residenti nella Regione Sicilia, devono essere registrati entro novanta giorni dal loro ingresso nel territorio regionale.
4 . I cani al seguito di proprietari o detentori residenti in altre regioni e dimoranti nel territorio siciliano devono essere iscritti all’anagrafe entro novanta giorni dai loro ingresso nel territorio regionale, anche nel caso in cui il proprietario o il detentore non fissi la propria residenza nella Regione siciliana. L’iscrizione, in tal caso, è effettuata presso l’anagrafe canina dell’azienda unità sanitaria locale nel cui territorio il proprietario o il detentore abbia stabilito il proprio domicilio.
5 . Sono esonerati dall’iscrizione all’anagrafe i cani appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia ed i cani al seguito di cittadini, non residenti nella Regione Sicilia, che soggiornino nel territorio regionale per periodi inferiori a novanta giorni.
6 . I medici veterinari e le associazioni di cui al comma 1, dell’art. 19 che, nell’esercizio della loro attività, vengano a conoscenza dell’esistenza di cani non iscritti all’anagrafe, hanno l’obbligo di segnalarlo entro sette giorni al comune ed all’azienda unità sanitaria locale competenti per territorio.
7 . All’inosservanza dell’obbligo di iscrizione all’anagrafe ed alla violazione dell’obbligo di cui al comma 6, si applica la sanzione amministrativa da L. 150 mila a L. 900 mila.
8 . Si applica la sanzione da L. 5 milioni a L. 30 milioni qualora l’inosservanza riguardi cani, appartenenti a razze particolarmente aggressive individuate con il decreto di cui all’art. 4, che possano essere utilizzati per i combattimenti.
Art. 4. – Norme di attuazione
1 . Il presidente della Regione, su proposta dell’assessore per la sanità, con proprio decreto, da adottarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la commissione per i diritti degli animali di cui all’art. 10, emana il regolamento di esecuzione della presente legge.
2 . Con propri decreti, sentita la commissione per i diritti degli animali di cui all’art. 10, il Presidente della Regione, su proposta dell’assessore per la sanità, adegua le norme del decreto di cui al comma 1, tenuto conto delle evoluzioni sociali, ambientali e scientifiche.
3 . Con le modalità di cui al comma 2, il Presidente della Regione su proposta dell’assessore per la sanità, adegua con periodicità annuale, le tariffe di cui al comma 6 dell’art. 11 e al comma 6 dell’art. 14, nonché le sanzioni previste dalla presente legge.
Art. 5. – Operazioni di anagrafe
1 . Alle operazioni di anagrafe canina provvede l’area di sanità pubblica veterinaria dell’azienda unità sanitaria locale mediante la registrazione della scheda anagrafica compilata, su richiesta dei proprietari o detentori dei cani, dai medici veterinari dell’area di sanità pubblica veterinaria dell’azienda unita sanitaria locale o da medici veterinari liberi professionisti, appositamente autorizzati, con le modalità previste dal decreto di cui all’art. 4, dall’azienda unita sanitaria locale, che contiene i dati segnaletici e la fotografia dell’animale, ove prodotta dal proprietario o dal detentore, le generalità degli stessi, il codice anagrafico assegnato e gli estremi identificativi del medico veterinario che ha effettuato le operazioni di tatuaggio previste dall’art. 6. La fotografia va comunque prodotta, qualora il cane appartenga alle razze particolarmente aggressive individuate con il decreto di cui all’art. 4 e possa essere utilizzato per i combattimenti.
2 . Le aree di sanità pubblica veterinaria delle azienda unità sanitarie locali richiedono all’ente nazionale cinofilia italiana (ENCI) i dati relativi al censimento della popolazione canina presente nel territorio della Regione Sicilia.
3 . La scheda anagrafica compilata da medici veterinari liberi professionisti deve essere inviata, entro otto giorni dalla compilazione, all’area di sanità pubblica veterinaria dell’azienda unità sanitaria locale. Copia della scheda rilasciata, al proprietario o detentore del cane dai medici veterinari liberi professionisti o da quelli del l’area di sanità pubblica veterinaria delle aziende unità sanitarie locali deve seguire l’animale in tutti i trasferimenti di proprietà o di possesso e deve essere esibita a richiesta delle autorità.
4 . Al medico veterinario libero professionista che invii la scheda oltre i termini di cui al comma 3, si applica la sanzione amministrativa da L. 100 mila a L. 600 mila. La sanzione è raddoppiata nel caso di ritardo superiore ai trenta giorni.
5 . Il modello di scheda anagrafica è adottato con il decreto di cui all’art. 4.
Art. 6. – Identificazione e tatuaggio elettronico
1 . Il cane iscritto all’anagrafe è contrassegnato da un codice di riconoscimento impresso mediante la inoculazione sottocutanea di un microchip sul lato sinistro alla base del padiglione auricolare. Il microchip contiene in memoria il codice identificativo, inalterabile ed unico, evidenziabile da apposito lettore.
2 . Le operazioni di impianto del microchip sono effettuate dall’area di sanità pubblica veterinaria delle aziende unità sanitarie locali o dai medici veterinari liberi professionisti, appositamente autorizzati dall’azienda unità sanitaria locale, al momento stesso della compilazione della scheda anagrafica.
3 . Le operazioni di compilazione della scheda anagrafica e di impianto del microchip sono effettuate gratuitamente dall’area di sanità pubblica veterinaria delle aziende unità sanitarie locali. Sono a carico del proprietario o del detentore dell’animale nel caso siano effettuate dai medici veterinari liberi professionisti appositamente autorizzati con le modalità previste dal decreto di cui all’art. 4, dall’azienda unità sanitaria locale.
4 . Sono esentati dall’impianto del microchip i cani già identificati con sistemi di tatuaggio elettronico compatibili con il sistema di identificazione previsto dalla presente legge.
Art. 7. – Codice identificativo
1 . Il codice identificativo comprende nell’ordine i seguenti elementi:
a) le ultime tre cifre del codice ISTAT del comune di residenza del proprietario o detentore del cane;
b) la sigla della provincia;
c) il numero progressivo attribuito all’animale;
d) la lettera “S” per i cani sterilizzati.
2 . I cani registrati presso l’anagrafe di altre regioni, che a motivo della loro permanenza nel territorio regionale vengono iscritti nell’anagrafe canina della Regione siciliana, sono identificati in conformità alla presente legge qualora i sistemi identificativi adoperati nella Regione di provenienza non siano compatibili con quelli le previsti dalla presente legge.
3 . L’eventuale cambiamento di residenza del proprietario o del detentore del cane o la cessione dell’animale non comporta obbligo di modifica del codice di riconoscimento.
Art. 8. – Obblighi dei proprietari e dei detentori di cani iscritti all’anagrafe
1 . I proprietari o i detentori di cani iscritti all’anagrafe devono segnalare all’area di sanità pubblica veterinaria delle aziende unità sanitarie locali competenti per territorio:
a) la cessione a qualsiasi titolo dell’animale;
b) il cambio della propria residenza;
c) la morte dell’animale;
d) la scomparsa dell’animale.
2 . Gli eventi di cui alle lettere a) e b) del comma 1 devono essere segnalati entro trenta giorni e quelli di cui alle lettere c) e d) entro dieci giorni dal loro verificarsi.
3 . La denuncia di morte dell’animale iscritto all’anagrafe, effettuata dal proprietario o dal detentore ai fini della cancellazione dall’anagrafe, deve essere corredata di apposita certificazione rilasciata da un medico veterinario.
4 . In caso di morte dell’animale la comunicazione con allegato certificato di morte rilasciato da un medico veterinario, deve essere consegnata all’area di sanità pubblica veterinaria delle aziende unità sanitarie locali.
5 . L’area di sanità pubblica veterinaria delle aziende unità sanitarie locali cura le variazioni anagrafiche conseguenti agli eventi di cui al comma 1.
6 . Alle violazioni delle disposizioni di cui al comma 2, riferite alle lettere a), b) e c) del comma 1, si applica la sanzione amministrativa da L. 150 mila a L. 500 mila. Alle violazioni delle disposizioni del comma 2, riferite alla lettera d) del comma 1, si applica la sanzione amministrativa prevista dal comma 4 dell’art. 9.
Art. 9. – Abbandono di animali
1 . È vietato l’abbandono dei cani, dei gatti e di qualsiasi altro animale domestico o di affezione custodito.
2 . Il proprietario o detentore, in caso di sopravvenuta e giustificata impossibilità al mantenimento, deve richiedere al comune di essere autorizzato a consegnare l’animale presso le strutture pubbliche o private di cui all’art. 11. In caso di morte del proprietario, ove gli eredi rinuncino alla proprietà
dell’animale, il comune provvede a proprie spese al ricovero dell’animale ed al suo mantenimento presso una struttura pubblica o convenzionata.
3 . È equiparato all’abbandono il mancato ritiro dei cani di cui al comma 5 dell’art. 14 o la mancata comunicazione al comune e all’area di sanità pubblica veterinaria dell’azienda unità sanitaria locale nei casi di rinuncia alla proprietà o di scomparsa.
4 . Alle violazioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applica la sanzione amministrativa da L. 1 milione a L. 3 milioni.
Art. 10. – Commissione per i diritti degli animali
1 . Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituita la commissione per i diritti degli animali, con compiti consultivi sullo stato di attuazione e sulle materie inerenti alla presente legge.
2 . La commissione è composta:
a) dall’assessore per la sanità o suo delegato che la presiede;
b) da un funzionario amministrativo dell’assessorato della sanità con funzioni di segretario;
c) da un ispettore veterinario in servizio presso il gruppo dell’ispettorato regionale veterinario preposto a la trattazione delle materie inerenti alla presente legge;
d) da tre rappresentanti delle aree di sanità pubblica veterinaria delle aziende unità sanitarie locali individuati dalla giunta regionale;
e) da un medico veterinario designato dagli ordini dei medici veterinari;
f) da tre rappresentanti di altrettante associazioni protezionistiche o animaliste scelti a rotazione tra quelli designati dalle stesse associazioni iscritte all’albo regionale di cui all’art. 19. I rappresentanti prescelti non sono immediatamente rieleggibili;
g) da un etologo designato dalle associazioni protezionistiche o animaliste.
3 . La commissione è nominata con decreto del Presidente della Regione e dura in carica quattro anni.
4 . La commissione è convocata dal presidente almeno quattro volte l’anno.
Art. 11. – Rifugi sanitari pubblici e rifugi per il ricovero
1 . Per rifugio sanitario pubblico si intende un luogo atto al ricovero dei cani e dei gatti che sia attrezzato con sala operatoria, ambulatorio e locali di degenza per il controllo dei cani e dei gatti catturati, la loro eventuale sterilizzazione nonché la cura di animali ammalati. Per rifugio per il ricovero si intende un luogo atto alla temporanea permanenza di cani e gatti.
2 . I comuni, singoli o associati e le province regionali, provvedono al risanamento dei canili comunali esistenti, costruiscono rifugi sanitari pubblici, secondo le modalità ed i criteri stabiliti dall’art. 12 e provvedono alla loro gestione. I rifugi sanitari devono essere dotati di uno spazio adeguato per cure, interventi e degenza di gatti incidentali o sottoposti a sterilizzazione con i metodi di cui al comma 4 dell’art. 18.
3 . I cani vaganti catturati sono condotti presso i rifugi sanitari pubblici o convenzionati, in cui soggiornano fino al momento della restituzione al proprietario, del loro affidamento o della loro rimessa in libertà.
4 . Qualora non siano disponibili idonei rifugi sanitari pubblici o quando la capacità recettiva di quelli esistenti non sia sufficiente, i comuni singoli o associati, possono incaricare della custodia dei cani catturati associazioni protezionistiche o animaliste, iscritte nell’albo di cui a l’art. 19 che gestiscono rifugi privati per cani.
5 . L’incarico della custodia viene conferito sulla base di un’apposita convenzione, stipulata secondo uno schema tipo adottato con il decreto di cui all’art. 4, con cui le associazioni protezionistiche o animaliste si impegnano ad espletare gli adempimenti di cui ai commi 3 e 4 dell’art. 14 ed a mantenere ed a custodire gli animali per i tempi previsti dall’art. 15.
6 . Nel decreto di cui all’art. 4 è indicata la misura massima delle spese rimborsabili alle associazioni protezionistiche o animaliste per la gestione dei rifugi convenzionati.
7 . Alle associazioni protezionistiche o animaliste di cui a l’art. 19 può essere affidata la gestione dei rifugi sanitari pubblici, sotto il controllo dell’area di sanità pubblica veterinaria delle aziende
unità sanitarie locali e sulla base di un’apposita convenzione stipulata secondo uno schema tipo adottato con il decreto di cui l’art. 4.
8 . Al rifugio sanitario pubblico gestito dal comune è preposto un responsabile amministrativo che cura gli adempimenti di cui ai commi 3 e 4 dell’art. 14 ed è responsabile delle istruzioni impartite dall’area di sanità pubblica veterinaria. Nei rifugi sanitari pubblici o convenzionati gestiti da le associazioni protezionistiche o animaliste i predetti adempimenti sono assolti dalle stesse associazioni protezionistiche o animaliste.
Art. 12. – Organizzazione dei rifugi sanitari pubblici
1 . I rifugi sanitari pubblici sono sottoposti a controllo sanitario da parte dell’area di sanità pubblica veterinaria delle aziende unita sanitarie locali e devono garantire buone condizioni di vita per i cani ospitati ed il rispetto delle norme igienico-sanitarie.
2 . L’attivazione dei rifugi sanitari pubblici e privati è subordinata ad autorizzazione dell’assessore per la sanità. I rifugi sanitari pubblici e privati esistenti devono adeguarsi ai requisiti previsti dal decreto di cui all’art. 4 entro un anno dalla pubblicazione del decreto medesimo.
3 . Con il decreto di cui all’art. 4, sono determinati i requisiti strutturati, le caratteristiche dei rifugi sanitari pubblici e dei rifugi per il ricovero e le modalità per il rilascio delle autorizzazioni.
4 . Presso i rifugi sanitari pubblici l’assistenza sanitaria degli animali ospitati è assicurata dall’area di sanità pubblica veterinaria delle aziende unità sanitarie locali.
5 . L’assistenza sanitaria presso i rifugi sanitari privati è assicurata da medici veterinari liberi professionisti individuati dall’associazione protezionistica o animalista che gestisce l’impianto.
6 . I rifugi per il ricovero devono essere dotati almeno di un ambulatorio attrezzato.
7 . Presso i rifugi sanitari pubblici è attivato un sistema di sorveglianza sanitaria nei confronti delle principali malattie infettive e zoonosi.
Art. 13.
Apertura al pubblico dei rifugi sanitari e dei rifugi per il ricovero 1. Al fine di favorire l’adozione dei cani e dei gatti ivi ospitati i rifugi sanitari e i rifugi per il ricovero devono prevedere giornalmente regolari orari di apertura al pubblico delle strutture.
2. I rifugi sanitari e i rifugi per il ricovero possono avvalersi della collaborazione volontaria e gratuita di privati cittadini per lo svolgimento dell’attività della struttura.
3. I rifugi sanitari e i rifugi per il ricovero devono consentire, senza bisogno di speciali procedure o autorizzazioni, l’accesso dei responsabili locali delle associazioni protezionistiche o animaliste per il controllo della gestione della struttura.
Art. 14. – Cattura e custodia dei cani vaganti o randagi
1 . I comuni singoli o associati, direttamente o in convenzione con enti, privati o associazioni protezionistiche o animaliste iscritte all’Albo regionale provvedono alla cattura dei cani vaganti con sistema indolore e senza ricorrere all’uso di tagliole, di bocconi avvelenati o di pungoli. Non è consentita la cattura di cani vaganti o randagi a soggetti diversi dagli addetti a tale servizio.
2 . I cani vaganti catturati e quelli ritrovati sono affidati ai rifugi sanitari pubblici o a quelli convenzionati e sottoposti a controllo sanitario.
3 . Per ogni cane catturato il rifugio sanitario provvede all’accertamento del codice di identificazione e, ove sia possibile identificare il proprietario, ad avvertire lo stesse anche tramite comunicazione telefonica o telegrafica.
4 . A cura dell’area di sanità pubblica veterinaria che gestisce l’anagrafe, il proprietario, quale risulta dai dati dell’anagrafe canina, deve essere avvertito a mezzo lettera raccomandata con ricevuta di ritorno della cattura o del ritrovamento dell’animale.
5 . Il proprietario del cane custodito nel rifugio sanitario è obbligato al ritiro dell’animale entro quindici giorni dal ricevimento della raccomandata.
6 . Sono poste a carico del proprietario le spese necessarie per la custodia ed il mantenimento dell’animale, secondo le tariffe determinate con il decreto di cui all’art. 4.
7 . Sono esenti dal pagamento delle spese di cui al comma 6 del presente articolo ed al comma 3 dell’art. 16:
a) coloro i quali hanno compiuto il sessantacinquesimo anno di età;
b) i titolari di pensioni sociali.
8 . Al cane iscritto all’anagrafe, non ritirato dal proprietario entro quindici giorni dal ricevimento della lettera raccomandata di cui al comma 4, si applicano le disposizioni di cui all’art. 15 relativamente all’affidamento a privati o alle associazioni protezionistiche o animaliste, alla sterilizzazione ed alla rimessa in libertà.
Art. 15. – Controllo della popolazione canina
1 . I cani catturati che non risultino iscritti all’anagrafe sono riconsegnati al proprietario o al detentore che li reclamino entro quindici giorni dalla notifica della cattura, previo pagamento delle spese di custodia e di mantenimento di cui al comma 6 dell’art. 14, e della sanzione di cui al comma 7 dell’art. 3.
2 . Trascorsi trenta giorni dalla cattura, i cani che non risultino iscritti all’anagrafe che non siano stati reclamati, possono essere ceduti ad associazioni protezionistiche o animaliste o a privati cittadini che si impegnino ad accudirli e custodirli, previa iscrizione all’anagrafe canina e relativa identificazione.
3 . I cani possono essere presi in affidamento anche dalla stessa associazione protezionistica o animalista che gestisce il rifugio sanitario pubblico o che sia convenzionata per la custodia dei cani catturati. Dal momento dell’affidamento cessano gli effetti della custodia di cui i commi 4 e 7 dell’art. 11.
4 . Trascorso il termine di cui al comma 2, i cani catturati che non risultino iscritti all’anagrafe, non reclamati e non affidati a privati o ad associazioni protezionistiche o animaliste, sono sottoposti a sterilizzazione da effettuarsi entro i successivi quindici giorni con metodi di provata efficacia e con l’adozione di ogni accorgimento necessario ad evitare sofferenze agli animali in conformità a quanto stabilito dal comma 2 dell’art. 16.
5 . Per i cani iscritti all’anagrafe e non ritirati dal proprietario o dal detentore, il termine previsto dal comma 4 decorre dalla data di ricezione da parte del proprietario o del detentore della comunicazione di cui al comma 4 dell’art. 14.
6 . I cani non reclamati e non affidati a privati cittadini o ad associazioni protezionistiche o animaliste, fatto salvo quanto previsto dal comma 8, non possono essere soppressi e vengono mantenuti nei rifugi sanitari pubblici e privati a spese dei comuni almeno fino al quindicesimo giorno successivo alla sterilizzazione. Ove le strutture non dovessero offrire recettività sufficiente, il sindaco d’intesa con l’area di sanità pubblica veterinaria dell’azienda unità sanitaria locale competente per territorio e sentito il parere delle associazioni protezionistiche o animaliste operanti nel territorio può disporre che i cani vengano rimessi in libertà, previa sterilizzazione, identificazione ed iscrizione all’anagrafe, come cani sprovvisti di proprietario.
7 . Sono rimessi in libertà, previa sterilizzazione, identificazione ed iscrizione all’anagrafe come cani sprovvisti di proprietario, anche nel caso in cui le strutture offrano sufficiente capacità recettiva, i cani catturati che vivono in caseggiati, quartieri o rioni, qualora cittadini residenti nel medesimo caseggiato, quartiere o rione ne facciano richiesta al comune purchè i cani interessati siano di indole docile e le loro condizioni generali e di salute lo consentano. Sono esclusi dalla remissione in libertà i cani delle razze di cui al comma 8 dell’art. 3.
8 . I cani sterilizzati, se nuovamente catturati, previo controllo sanitario favorevole, sono rimessi in libertà ovvero ricoverati per gli eventuali trattamenti terapeutici conseguenti al controllo sanitario.
9 . I cani catturati, i cani abbandonati ed i cani ricoverati nei rifugi sanitari possono essere soppressi soltanto nei casi previsti dagli articoli 86, 87 e 91 del decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320, ovvero nei casi in cui risultino di comprovata pericolosità o siano affetti da forme patologiche gravi e non curabili. La soppressione dei cani deve essere effettuata da medici veterinari in modo esclusivamente eutanasico e comunque con l’adozione di ogni misura idonea ad evitare sofferenze agli animali.
Art. 16. – Controllo delle nascite
1 . Le aree di sanità pubblica veterinaria delle aziende unità sanitarie locali predispongono interventi preventivi finalizzati al controllo delle nascite della popolazione felina e canina servendosi delle strutture ambulatoriali appositamente messe a disposizione dai comuni.
2 . Le operazioni di sterilizzazione sono effettuate esclusivamente da medici veterinari con mezzi chirurgici o farmacologici, secondo tecniche che consentano di preservare, per quanto possibile, la vitalità sessuale degli animali e con l’adozione di ogni precauzione necessaria ad evitare sofferenze agli animali stessi.
3 . Gli interventi di sterilizzazione sui cani iscritti all’anagrafe sono effettuati, a carico dei proprietari o dei detentori, sulla base di un tariffario adottato con il decreto di cui all’art. 4, sentiti gli ordini dei medici veterinari della Regione.
4 . I cani di cui al comma 2 dell’art. 15 sono sterilizzati gratuitamente dall’area di sanità pubblica veterinaria delle aziende unità sanitarie locali anche nel caso che la sterilizzazione venga richiesta successivamente all’affidamento.
Art. 17. – Norme di tutela igienica della collettività
1 . Coloro che conducono cani nelle vie o in altro luogo aperto al pubblico devono essere muniti di appositi dispositivi per la rimozione delle deiezioni solide dei propri animali.
2 . È fatto obbligo ai soggetti di cui al comma 1 di rimuovere le deiezioni solide emesse dai propri animali nelle vie o in altri luoghi aperti al pubblico.
3 . Le amministrazioni comunali provvedono ad individuare e a delimitare aree da destinare ai cani d’affezione per le funzioni fisiologiche e motorie degli stessi. Le stesse aree sono sottoposte a frequente rimozione delle deiezioni e a periodici interventi di bonifica.
4 . Alla violazione delle disposizioni di cui al comma 1 si applica la sanzione amministrativa da lire 50 mila a L. 300 mila.
5 . Alla violazione delle disposizioni di cui al comma 2 si applica la sanzione amministrativa da L. 100 mila a L. 600 mila.
Art. 18. – Protezione dei gatti in libertà
1 . È fatto divieto di maltrattare i gatti randagi o domestici. È fatto divieto di maltrattare e di allontanare dal loro habitat naturale i gatti che vivono in libertà. Per habitat naturale si intende qualsiasi territorio o porzione di esso, edificato e non, dove stabilmente sia insediato un gatto o una colonia felina in libertà, indipendentemente dal fatto che sia accudita dai cittadini.
2 . I comuni, sentite le aziende unità sanitarie locali, possono stipulare con le associazioni protezionistiche o animaliste apposite convenzioni per il censimento delle colonie feline in stato di libertà, per la loro gestione e per assicurarne le condizioni di sopravvivenza e di salute.
3 . La convenzione è stipulata secondo uno schema tipo approvato con il decreto di cui all’art. 4. Il decreto stabilisce altresì la misura massima delle spese rimborsabili all’associazione protezionistica o animalista.
4 . I gatti che vivono in libertà devono essere sterilizzati, se le loro condizioni di salute lo consentono, a cura delle aree di sanità pubblica veterinaria delle aziende unità sanitarie locali, che provvedono ad apporre mediante tatuaggio la lettera “S”, e successivamente rimessi in libertà nella colonia di provenienza. Nel caso di colonia gestita da associazione protezionistica o animalista, se viene da questa richiesta, la sterilizzazione può essere effettuata presso medici veterinari liberi professionisti convenzionati.
5 . La cattura dei gatti che vivono in libertà è consentita, oltre che nell’ipotesi di cui al comma 4, soltanto per comprovati motivi sanitarie viene effettuata da volontari di associazioni protezionistiche o animaliste convenzionate.
6 . I comuni possono consentire alle associazioni protezionistiche o animaliste iscritte nell’Albo di cui all’art. 19 l’impianto di appropriati ricoveri nelle zone popolate da felini.
7 . L’attivazione di rifugi per gatti è subordinata ad autorizzazione regionale. Con il decreto di cui all’art. 4, sono determinati i requisiti strutturali e le caratteristiche dei rifugi per gatti nonché le modalità per il rilascio delle autorizzazioni. I rifugi per gatti esistenti devono essere adeguati ai
requisiti previsti dal decreto di cui all’art. 4 entro un anno dalla pubblicazione del decreto medesimo.
8 . Le associazioni protezionistiche o animaliste che gestiscono rifugi per gatti possono essere incaricate dal sindaco della custodia di gatti i cui proprietari non sono più in condizioni di provvedere al loro mantenimento. Tali animali, ove non siano affidati entro trenta giorni a privati che si impegnino a mantenerli e ad accudirli, sono sottoposti a sterilizzazione, gratuitamente, presso l’area di sanità pubblica veterinaria della aziende unità sanitarie locali, con gli stessi metodi di cui al comma 4 dell’art. 15.
9 . I gatti che vivono in libertà possono essere soppressi soltanto nei casi in cui risultino affetti da forme patologiche gravi e non curabili.
10 . La soppressione dei gatti deve essere effettuata dai medici veterinari in modo esclusivamente eutanasico o comunque con l’adozione di ogni misura idonea ad evitare sofferenze agli animali. In caso di malattia l’animale viene isolato e curato presso rifugi sanitari comunali o presso rifugi privati per gatti. A guarigione avvenuta il gatto viene rimesso in libertà nella colonia di appartenenza. In caso di invalidità permanente viene affidato definitivamente alla struttura convenzionata. Salvo quanto previsto dal comma 9, è assicurata la cura e la sopravvivenza dei gatti nei rifugi sanitari pubblici e nei rifugi per il ricovero.
Art. 19. – Albo regionale
1 . Presso l’Assessorato della sanità è istituito l’albo delle associazioni per la protezione degli animali, cui sono iscritte le associazioni, costituite con atto pubblico, che ne facciano richiesta e che perseguono, senza fini di lucro, obiettivi di tutela, cura e protezione degli animali.
2 . I requisiti e le modalità di iscrizione all’albo sono stabiliti con apposito regolamento adottato, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del presidente della Regione, su proposta dell’assessore per la sanità.
3 . In sede di prima applicazione, possono richiedere l’iscrizione all’albo regionale quelle associazioni costituite con atto pubblico che, da almeno due anni, gestiscano rifugi per animali.
Art. 20. – Contributi per i rifugi sanitari
1 . L’assessore per la sanità concede ai comuni, singoli o associati, contributi per il risanamento dei canili comunali esistenti, per la costruzione di nuovi rifugi sanitari pubblici e per la predisposizione di ambulatori veterinari in cui effettuare le operazioni di anagrafe e di sterilizzazione previsti dalla presente legge.
2 . I contributi di cui al comma 1 sono erogati anche alle associazioni di cui all’art. 19, che gestiscono rifugi per cani o per gatti operanti da almeno un biennio, in misura non superiore al 50 per cento della spesa complessiva, debitamente accertata e fatturata.
3 . I contributi di cui ai commi 1 e 2 sono erogati sulla base di progetti esecutivi di risanamento o di costruzione, debitamente approvati, secondo le vigenti disposizioni, che rispettino i requisiti igienico-strutturali e funzionali previsti dal decreto di cui all’art. 4.
4 . Salvo i casi dovuti a cause di forza maggiore, qualora i lavori non siano iniziati entro sei mesi od ultimati entro diciotto mesi dalla erogazione del contributo, il contributo medesimo viene recuperato.
5 . L’assessore per la sanità è autorizzato a concedere contributi alle associazioni protezionistiche o animaliste per il mantenimento degli animali ricevuti in affidamento ai sensi del comma 2 dell’art. 15.
6 . Con decreto da adottarsi entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge l’assessore per la sanità provvede a determinare i requisiti ed i limiti per l’erogazione dei contributi, nonché i controlli da esercitarsi.
7 . I contributi non possono essere superiori al 50 per cento della misura massima delle spese rimborsabili indicata dal decreto di cui all’art. 4 e devono essere rapportati al periodo di effettivo ricovero di ciascun cane che non può superare i centottanta giorni.
8 . Entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, i comuni prevedono in sede di formazione o di revisione degli strumenti urbanistici nell’ambito delle opere di urbanizzazione
primaria e secondaria, aree idonee destinate alla realizzazione di servizi per la costruzione o ristrutturazione di rifugi per cani e di rifugi per gatti. Tali aree possono essere concesse in comodato anche ad enti ed associazioni che svolgono attività di protezione degli animali, iscritti all’albo regionale di cui all’art. 19, per la costruzione o l’ampliamento di rifugi permanenti secondo le finalità previste dalla presente legge.
Art. 21. – Indennizzo per le perdite zootecniche da cani randagi o inselvatichiti
1 . La Regione indennizza gli allevatori per le perdite di bestiame subite ad opera di cani randagi o inselvatichiti, accertate e certificate dall’area di sanità pubblica veterinaria delle competenti aziende unità sanitarie locali in misura pari al valore medio di mercato, determinato ai sensi dell’art. 2 del decreto del Ministro della sanità 20 luglio 1989, n. 298, e successive modifiche ed integrazioni, ridotto del 20 per cento.
2 . Le modalità di liquidazione dell’indennità sono quelle stabilite dall’assessore per la sanità con la circolare 22 maggio 1990, n. 549, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana 30 giugno 1990, n. 31.
Art. 22. – Promozione educativa
1 . La Regione in collaborazione con l’area di sanità pubblica veterinaria delle aziende unità sanitarie locali, con gli ordini professionali dei medici veterinari, con le autorità scolastiche, con le università e con le associazioni protezionistiche o animaliste promuove programmi di informazione e di educazione al rispetto degli animali ed alla tutela della loro salute.
2 . Per le finalità di cui al comma 1 l’assessore per la sanità approva piani pluriennali di formazione ed aggiornamento degli operatori dell’area di sanità pubblica veterinaria, corsi di formazione del personale ausiliario operante nella medesima, nonché iniziative di educazione sanitaria, di informazione e di sensibilizzazione della popolazione.
Art. 23. – Cimiteri per animali d’affezione
1 . I comuni, singoli o associati, possono realizzare cimiteri per il seppellimento di animali d’affezione, ossia cani, gatti, criceti, uccelli da gabbia, altri animali domestici di piccola dimensione e cavalli, a condizione che un apposito certificato rilasciato da un medico veterinario escluda il decesso per malattie trasmissibili all’uomo o denunciabili ai sensi del vigente regolamento di polizia veterinaria.
2 . La realizzazione dei cimiteri di cui al comma 1 è soggetta a parere preventivo dell’azienda unità sanitaria locale competente per territorio.
3 . Il Presidente della Regione adotta, entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, apposito regolamento tipo di gestione dei cimiteri per animali d’affezione, in conformità al regolamento di polizia veterinaria.
Art. 24. – Divieto di combattimento fra animali
1 . Chiunque organizzi combattimenti fra animali di qualsiasi specie, ovvero vi assista o effettui puntate di gioco o di scommessa sugli animali impiegati, è punito con la sanzione amministrativa da L. 10 milioni a L. 60 milioni. La stessa sanzione si applica anche al proprietario o al detentore degli animali impiegati nel combattimento, salvo che il fatto non sia avvenuto contro la loro volontà.
2 . È sempre disposta la confisca amministrativa, prevista dall’art. 20, comma 4 della legge 24 novembre 1981, n. 689, degli animali utilizzati o destinati ai combattimenti. Gli animali confiscati sono mantenuti nei rifugi sanitari pubblici o nei rifugi per il ricovero a spese dei comuni ovvero affidati alle associazioni protezionistiche o animaliste di cui all’art. 19 o ad enti, organizzazioni o strutture che provvedano al loro recupero comportamentale.
Art. 25. – Norma di salvaguardia
1 . Le convenzioni per la custodia dei cani catturati, vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, stipulate dai comuni con le associazioni protezionistiche o animaliste o con privati gestori di rifugi per cani, rimangono efficaci fino alla loro scadenza e comunque non oltre ventiquattro mesi dall’entrata in vigore della presente legge.
2 . Le convenzioni di cui al comma 1, dopo la scadenza possono essere rinnovate secondo le modalità previste dai commi 5 e 7 dell’art. 11.
3 . Per i cani la cui custodia ha inizio dopo l’entrata in vigore del decreto di cui l’art. 4 il corrispettivo della custodia non può superare quello previsto dal comma 6 dell’art. 11.
4 . Le convenzioni di cui ai commi 5 e 7 dell’art. 11 possono essere stipulate dai comuni anche con privati gestori di rifugi per cani.
Art. 26. – Sanzioni
1 . Le violazioni alle disposizioni della presente legge, salvo quanto diversamente previsto dagli articoli precedenti, sono punite con la sanzione amministrativa da L. 300 mila a L. 500 mila.
2 . Ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689 il sindaco è l’organo competente a ricevere il rapporto ed ad irrogare le sanzioni amministrative per le violazioni alla presente legge.
3 . Nel caso di violazione del comma 5 dell’art. 14, la sanzione, prevista dal comma 4 dell’art. 9, è maggiorata delle spese di custodia e mantenimento degli animali, quali determinate dal decreto di cui all’art. 4.
4 . I proventi delle sanzioni amministrative spettano alla Regione e sono utilizzati per il finanziamento degli interventi previsti.
Art. 27. – Norme finanziarie
1 . Per le finalità della presente legge è autorizzata per il triennio 2000-2002 la spesa complessiva di L. 9.327 milioni così ripartita:
2 . All’onere di L. 1.527 milioni ricadente nell’esercizio finanziario 2000 si provvede con le somme assegnate alla Regione siciliana ai sensi dell’art. 8, comma 2 della legge 14 agosto 1991, n. 281.
3 . Gli oneri di lire 7.800 milioni ricadenti per L. 4.000 milioni nell’esercizio 2001 e per L. 3.800 milioni nell’esercizio 2002 trovano riscontro nel bilancio pluriennale della Regione per il triennio 2000-2002 – codice 01.08.02 (accantonamento 1001).
4 . Le ulteriori assegnazioni di fondi da parte dello Stato effettuate ai sensi della legge 14 agosto 1991, n. 281 vengono iscritte in bilancio su proposta dell’assessore per la sanità nel rispetto delle finalità della presente legge e secondo le percentuali fissate dal comma 6 dell’art. 3 della legge n. 281 del 1991.
Art. 28.
1 . La presente legge sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana ed entrerà in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione.
2 . È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione.
Palermo, 3 luglio 2000. CAPODICASA L’assessore regionale per la sanità: Lo Monte
__________________________________________________________________________
Legge Regionale Sicilia 3/7/2000 n.15, B.U.R. 7/7/2000 n.32
Articolo 18
Protezione dei gatti in libertà
1. E’ fatto divieto di maltrattare i gatti randagi o domestici. E’ fatto divieto di maltrattare e di allontanare dal loro habitat naturale i gatti che vivono in libertà. Per habitat naturale si intende qualsiasi territorio o porzione di esso, edificato e non, dove stabilmente sia insediato un gatto o una colonia felina in libertà, indipendentemente dal fatto che sia accudita dai cittadini.
2. I comuni, sentite le aziende unità sanitarie locali, possono stipulare con le associazioni protezionistiche o animaliste apposite convenzioni per il censimento delle colonie feline in stato di libertà, per la loro gestione e per assicurarne le condizioni di sopravvivenza e di salute.
3. La convenzione è stipulata secondo uno schema tipo approvato con il decreto di cui all’articolo 4. Il decreto stabilisce altresì la misura massima delle spese rimborsabili all’associazione protezionistica o animalista.
4. I gatti che vivono in libertà devono essere sterilizzati, se le loro condizioni di salute lo consentono, a cura delle aree di sanità pubblica veterinaria delle aziende unità sanitarie locali, che provvedono ad apporre mediante tatuaggio la lettera ‘S’, e successivamente rimessi in libertà nella colonia di provenienza. Nel caso di colonia gestita da associazione protezionistica o animalista se viene da questa richiesta, la sterilizzazione può essere effettuata presso medici veterinari liberi professionisti convenzionati.
5. La cattura dei gatti che vivono in libertà è consentita, oltre che nell’ipotesi di cui al comma 4, soltanto per comprovati motivi sanitari e viene effettuata da volontari di associazioni protezionistiche o animaliste convenzionate.
6. I comuni possono consentire alle associazioni protezionistiche o animaliste iscritte nell’Albo di cui all’articolo 19 l’impianto di appropriati ricoveri nelle zone popolate da felini.
7. L’attivazione di rifugi per gatti è subordinata ad autorizzazione regionale. Con il decreto di cui all’articolo 4, sono determinati i requisiti strutturali e le caratteristiche dei rifugi per gatti nonché le modalità per il rilascio delle autorizzazioni. I rifugi per gatti esistenti devono essere adeguati ai requisiti previsti dal decreto di cui all’articolo 4 entro un anno dalla pubblicazione del decreto medesimo.
8. Le associazioni protezionistiche o animaliste che gestiscono rifugi per gatti possono essere incaricate dal sindaco della custodia di gatti i cui proprietari non sono più in condizioni di provvedere al loro mantenimento. Tali animali, ove non siano affidati entro trenta giorni a privati che si impegnino a mantenerli e ad accudirli, sono sottoposti a sterilizzazione, gratuitamente, presso l’area di sanità pubblica veterinaria della aziende unità sanitarie locali, con gli stessi metodi di cui al comma 4 dell’articolo 15
9. I gatti che vivono in libertà possono essere soppressi soltanto nei casi in cui risultino affetti da forme patologiche gravi e non curabili.
10. La soppressione dei gatti deve essere effettuata dai medici veterinari in modo esclusivamente eutanasico o comunque con l’adozione di ogni misura idonea ad evitare sofferenze agli animali. In caso di malattia l’animale viene isolato e curato presso rifugi sanitari comunali o presso rifugi privati per gatti. A guarigione avvenuta il gatto viene rimesso in libertà nella colonia di appartenenza. In caso di invalidità permanente viene affidato definitivamente alla struttura convenzionata. Salvo quanto previsto dal comma 9, è assicurata la cura e la sopravvivenza dei gatti nei rifugi sanitari pubblici e nei rifugi per il ricovero.
__________________________________________________________________________
Legge 20 luglio 2004, n.189
“Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate”
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 178 del 31 luglio 2004
Art. 1.
(Modifiche al codice penale)
1. Dopo il titolo IX del libro II del codice penale è inserito il seguente:
“TITOLO IX-BIS – DEI DELITTI CONTRO IL SENTIMENTO PER GLI ANIMALI
Art. 544-bis. – (Uccisione di animali). – Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi.
Art. 544-ter. – (Maltrattamento di animali). – Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre mesi a un anno o con la multa da 3.000 a 15.000 euro.
La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi.
La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell’animale.
Art. 544-quater. – (Spettacoli o manifestazioni vietati). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque organizza o promuove spettacoli o manifestazioni che comportino sevizie o strazio per gli animali è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni e con la multa da 3.000 a. 15.000 euro.
La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti di cui al primo comma sono commessi in relazione all’esercizio di scommesse clandestine o al fine di trarne profitto per sè od altri ovvero se ne deriva la morte dell’animale.
Art. 544-quinquies. – (Divieto di combattimenti tra animali). – Chiunque promuove, organizza o dirige combattimenti o competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in pericolo l’integrità fisica è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 50.000 a 160.000 euro.
La pena è aumentata da un terzo alla metà:
1) se le predette attività sono compiute in concorso con minorenni o da persone armate;
2) se le predette attività sono promosse utilizzando videoriproduzioni o materiale di qualsiasi tipo contenente scene o immagini dei combattimenti o delle competizioni;
3) se il colpevole cura la ripresa o la registrazione in qualsiasi forma dei combattimenti o delle competizioni.
Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato, allevando o addestrando animali li destina sotto qualsiasi forma e anche per il tramite di terzi alla loro partecipazione ai combattimenti di cui al primo comma è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro. La stessa pena si applica anche ai proprietari o ai detentori degli animali impiegati nei combattimenti e nelle competizioni di cui al primo comma, se consenzienti.
Chiunque, anche se non presente sul luogo del reato, fuori dei casi di concorso nel medesimo, organizza o effettua scommesse sui combattimenti e sulle competizioni di cui al primo comma è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro.
Art. 544-sexies. – (Confisca e pene accessorie). – Nel caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per i delitti previsti dagli articoli 544-ter, 544-quater e 544-quinquies, è sempre ordinata la confisca dell’animale, salvo che appartenga a persona estranea al reato.
E’ altresì disposta la sospensione da tre mesi a tre anni dell’attività di trasporto, di commercio o di allevamento degli animali se la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta è pronunciata nei confronti di chi svolge le predette attività. In caso di recidiva è disposta l’interdizione dall’esercizio delle attività medesime”.
2. All’articolo 638, primo comma, del codice penale, dopo le parole: “è punito” sono inserite le seguenti: “, salvo che il fatto costituisca più grave reato”.
3. L’articolo 727 del codice penale è sostituito dal seguente:
“Art. 727. – (Abbandono di animali). – Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro.
Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze”.
Art. 2.
(Divieto di utilizzo a fini commerciali di pelli e pellicce)
1. E’ vietato utilizzare cani (Canis familiaris) e gatti (Felis catus) per la produzione o il confezionamento di pelli, pellicce, capi di abbigliamento e articoli di pelletteria costituiti od ottenuti, in tutto o in parte, dalle pelli o dalle pellicce dei medesimi, nonché commercializzare o introdurre le stesse nel territorio nazionale.
2. La violazione delle disposizioni di cui al comma 1 è punita con l’arresto da tre mesi ad un anno o con l’ammenda da 5.000 a 100.000 euro.
3. Alla condanna consegue in ogni caso la confisca e la distruzione del materiale di cui al comma 1
Art. 3.
(Modifica alle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale)
1. Dopo l’articolo 19-bis delle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale sono inseriti i seguenti:
“Art. 19-ter. – (Leggi speciali in materia di animali). – Le disposizioni del titolo IX-bis del libro II del codice penale non si applicano ai casi previsti dalle leggi speciali in materia di caccia, di pesca, di allevamento, di trasporto, di macellazione degli animali, di sperimentazione scientifica sugli stessi, di attività circense, di giardini zoologici, nonché dalle altre leggi speciali in materia di animali. Le disposizioni del titolo IX-bis del libro II del codice penale non si applicano altresì alle manifestazioni storiche e culturali autorizzate dalla regione competente.
Art. 19-quater. – (Affidamento degli animali sequestrati o confiscati). – Gli animali oggetto di provvedimenti di sequestro o di confisca sono affidati ad associazioni o enti che ne facciano richiesta individuati con decreto del Ministro della salute, adottato di concerto con il Ministro dell’interno”:
2. Il decreto di cui all’articolo 19-quater delle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale è adottato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Art. 4.
(Norme di coordinamento)
1. All’articolo 4 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 116, al comma 8, le parole: “ai sensi dell’articolo 727 del codice penale” sono sostituite dalle seguenti: “con la reclusione da tre mesi ad un anno o con la multa da 3.000 a 15.000 euro”.
2. Il comma 5 dell’articolo 5 della legge 14 agosto 1991, n. 281, è abrogato.
3. Alla legge 12 giugno 1913, n. 611, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l’articolo 1 è abrogato;
b) all’articolo 2, lettera a), le parole: “dell’articolo 491 del codice penale” sono sostituite dalle seguenti: “del titolo IX-bis del libro II del codice penale e dell’articolo 727 del medesimo codice”;
c) all’articolo 8, le parole: “dell’articolo 491” sono sostituite dalle seguenti: “dell’articolo 727”.
Art. 5.
(Attività formative)
1. Lo Stato e le regioni possono promuovere di intesa, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, l’integrazione dei programmi didattici delle scuole e degli istituti di ogni ordine e grado, ai fini di una effettiva educazione degli alunni in materia di etologia comportamentale degli animali e del loro rispetto, anche mediante prove pratiche.
Art. 6.
(Vigilanza)
1. Al fine di prevenire e contrastare i reati previsti dalla presente legge, con decreto del Ministro dell’interno, sentiti il Ministro delle politiche agricole e forestali e il Ministro della salute, adottato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità di coordinamento dell’attività della Polizia di Stato, dell’Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza, del Corpo forestale dello Stato e dei. Corpi di polizia municipale e provinciale.
2. La vigilanza sul rispetto della presente legge e delle altre norme relative alla protezione degli animali è affidata anche, con riguardo agli animali di affezione, nei limiti dei compiti attribuiti dai rispettivi decreti prefettizi di nomina, ai sensi degli articoli 55 e 57 . del codice di procedura penale, alle guardie particolari giurate delle associazioni protezionistiche e zoofile riconosciute.
3. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per lo Stato e gli enti locali.
Art. 7.
(Diritti e facoltà degli enti e delle associazioni)
1. Ai sensi dell’articolo 91 del codice di procedura penale, le associazioni e gli enti di cui all’articolo 19-quater delle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale perseguono finalità di tutela degli interessi lesi dai reati previsti dalla presente legge.
Art. 8.
(Destinazione delle sanzioni pecuniarie)
1. Le entrate derivanti dall’applicazione delle sanzioni pecuniarie previste dalla presente legge affluiscono all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate allo stato di previsione del Ministero della salute e sono destinate alle associazioni o agli enti di cui all’articolo 19-quater delle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale.
2. Con il decreto di cui all’articolo 19-quater delle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale, sono determinati i criteri di ripartizione delle entrate di cui al comma 1, tenendo conto in ogni caso del numero di animali affidati ad ogni ente o associazione.
3. Entro il 25 novembre di ogni anno il Ministro della salute definisce il programma degli interventi per l’attuazione della presente legge e per la ripartizione delle somme di cui al comma 1.
Art. 9.
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
__________________________________________________________________________
LEGGE 4 novembre 2010 , n. 201
Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987, nonche’ norme di adeguamento dell’ordinamento interno. (10G0220)
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno
approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Promulga
la seguente legge:
ART. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).
1. Il Presidente della Repubblica e’ autorizzato a ratificare la
Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia,
fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987.
ART. 2.
(Ordine di esecuzione).
1. Piena ed intera esecuzione e’ data alla Convenzione di cui
all’articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore,
in conformita’ a quanto disposto dall’articolo 18 della Convenzione
stessa.
ART. 3.
(Modifiche al codice penale).
1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 544-bis, le parole: « da tre mesi a diciotto mesi
» sono sostituite dalle seguenti: « da quattro mesi a due anni »;
b) all’articolo 544-ter, primo comma, le parole: « da tre mesi a
un anno o con la multa da 3.000 a 15.000 euro » sono sostituite dalle
seguenti: « da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000
euro ».
ART. 4.
(Traffico illecito di animali da compagnia).
1. Chiunque, al fine di procurare a se’ o ad altri un profitto,
reiteratamente o tramite attivita’ organizzate, introduce nel
territorio nazionale animali da compagnia di cui all’allegato I,
parte A, del regolamento (CE) n. 998/2003 del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 26 maggio 2003, privi di sistemi per
l’identificazione individuale e delle necessarie certificazioni
sanitarie e non muniti, ove richiesto, di passaporto individuale, e’
punito con la reclusione da tre mesi a un anno e con la multa da euro
3.000 a euro 15.000.
2. La pena di cui al comma 1 si applica altresi’ a chiunque, al
fine di procurare a se’ o ad altri un profitto, trasporta, cede o
riceve a qualunque titolo animali da compagnia di cui all’allegato I,
parte A, del regolamento (CE) n. 998/2003 del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 26 maggio 2003, introdotti nel territorio
nazionale in violazione del citato comma 1.
3. La pena e’ aumentata se gli animali di cui al comma 1 hanno
un’eta’ accertata inferiore a dodici settimane o se provengono da
zone sottoposte a misure restrittive di polizia veterinaria adottate
per contrastare la diffusione di malattie trasmissibili proprie della
specie.
4. Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta
delle parti ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale
per i delitti previsti dai commi 1 e 2 del presente articolo, e’
sempre ordinata la confisca dell’animale, salvo che appartenga a
persona estranea al reato. E’ altresi’ disposta la sospensione da tre
mesi a tre anni dell’attivita’ di trasporto, di commercio o di
allevamento degli animali se la sentenza di condanna o di
applicazione della pena su richiesta delle parti e’ pronunciata nei
confronti di chi svolge le predette attivita’. In caso di recidiva e’
disposta l’interdizione dall’esercizio delle attivita’ medesime.
5. Gli animali oggetto di provvedimento di sequestro o di confisca
sono affidati alle associazioni o agli enti indicati nel decreto del
Ministro della salute, adottato ai sensi dell’articolo 19-quater
delle disposizioni di coordinamento e transitorie per il codice
penale, di cui al regio decreto 28 maggio 1931, n. 601, che ne fanno
richiesta, salvo che vi ostino esigenze processuali.
6. Gli animali acquisiti dallo Stato a seguito di provvedimento
definitivo di confisca sono assegnati, a richiesta, alle associazioni
o agli enti ai quali sono stati affidati ai sensi del comma 5.
7. Le entrate derivanti dall’applicazione delle sanzioni
pecuniarie previste dalla presente legge affluiscono all’entrata del
bilancio dello Stato per essere riassegnate allo stato di previsione
del Ministero della salute e sono destinate alle associazioni o agli
enti di cui al comma 5 del presente articolo, con le modalita’ di cui
all’articolo 8 della legge 20 luglio 2004, n. 189.
ART. 5.
(Introduzione illecita di animali da compagnia).
1. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque introduce nel
territorio nazionale animali da compagnia di cui all’allegato I,
parte A, del regolamento (CE) n. 998/2003 del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 26 maggio 2003, privi di sistemi per
l’identificazione individuale, e’ soggetto alla sanzione
amministrativa del pagamento di una somma da euro 100 a euro 1.000
per ogni animale introdotto.
2. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque introduce nel
territorio nazionale animali da compagnia di cui all’allegato I,
parte A, del regolamento (CE) n. 998/2003 del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 26 maggio 2003, in violazione dei requisiti
previsti dalla legislazione vigente, e’ soggetto alla sanzione
amministrativa del pagamento di una somma da euro 500 a euro 1.000
per ogni animale introdotto. La sanzione non si applica se le
violazioni sono regolarizzate nel rispetto di quanto disposto dalla
legislazione vigente.
3. Salvo che il fatto costituisca reato, alla sanzione di cui al
comma 2 e’ altresi’ soggetto chiunque trasporta o cede, a qualunque
titolo, animali introdotti nel territorio nazionale in violazione di
quanto previsto dai commi 1 e 2.
4. Si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una
somma da euro 1.000 a euro 2.000 per ogni animale introdotto se gli
animali di cui ai commi 1, 2 e 3 hanno un’eta’ accertata inferiore a
dodici settimane o se provengono da zone sottoposte a misure
restrittive di polizia veterinaria adottate per contrastare la
diffusione di malattie trasmissibili proprie della specie.
ART. 6.
(Sanzioni amministrative accessorie).
1. Il trasportatore o il titolare di un’azienda commerciale che,
nel periodo di tre anni, commette tre violazioni delle disposizioni
previste dall’articolo 5, accertate in modo definitivo, e’ soggetto
alla sospensione dell’autorizzazione per l’esercizio dell’attivita’
per un periodo da uno a tre mesi. Se il periodo intercorrente tra le
due violazioni e’ inferiore a tre mesi, e’ applicata la durata
massima della sospensione.
2. Il titolare di un’azienda commerciale che, nel periodo di tre
anni, commette tre violazioni delle disposizioni previste
dall’articolo 13-bis, comma 3, del decreto legislativo 30 gennaio
1993, n. 28, accertate in modo definitivo, e’ soggetto alla
sospensione dell’autorizzazione per l’esercizio dell’attivita’ per un
periodo da uno a tre mesi. Se il periodo intercorrente tra le due
violazioni e’ inferiore a tre mesi, e’ applicata la durata massima
della sospensione.
3. Il trasportatore che, nel periodo di tre anni, commette cinque
violazioni delle disposizioni previste dall’articolo 5 della presente
legge, o il titolare di un’azienda commerciale che, nel periodo di
tre anni, commette cinque violazioni delle disposizioni previste dal
medesimo articolo 5 della presente legge o dall’articolo 13-bis,
comma 3, del decreto legislativo 30 gennaio 1993, n. 28, accertate in
modo definitivo, e’ soggetto alla revoca dell’autorizzazione per
l’esercizio dell’attivita’.
4. Il trasportatore o il titolare di un’azienda commerciale nei
cui confronti e’ stata disposta la revoca dell’autorizzazione, ai
sensi del comma 3, non puo’ conseguire un’altra autorizzazione per
l’esercizio della medesima attivita’ prima di dodici mesi.
5. I soggetti che hanno accertato una violazione che prevede
l’applicazione della sospensione o della revoca dell’autorizzazione
del trasportatore o del titolare di un’azienda commerciale
trasmettono all’autorita’ che l’ha rilasciata copia del verbale di
contestazione e ogni altro documento utile all’adozione dei
provvedimenti di sospensione o di revoca.
ART. 7.
(Procedimento di applicazione delle sanzioni amministrative).
1. Ai fini dell’accertamento e dell’irrogazione delle sanzioni
previste dalla presente legge si applicano le disposizioni della
legge 24 novembre 1981, n. 689, in quanto compatibili.
2. Quando una violazione delle disposizioni previste dall’articolo
5 della presente legge e’ commessa utilizzando un veicolo
immatricolato all’estero, si applicano le disposizioni dell’articolo
207 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile
1992, n. 285, e successive modificazioni.
3. Il veicolo sottoposto a fermo amministrativo ai sensi
dell’articolo 207 del codice della strada, di cui al decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, e’
affidato in custodia, a spese del responsabile della violazione, ad
uno dei soggetti indicati nell’articolo 214-bis del medesimo codice,
di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, e successive
modificazioni. Gli animali sono ricoverati, a spese del responsabile
della violazione, in un luogo che garantisca la tutela del loro
benessere nel rispetto delle norme vigenti in materia.
4. L’entita’ delle sanzioni amministrative previste dalla presente
legge e’ aggiornata ogni due anni in misura pari all’intera
variazione, accertata dall’Istituto nazionale di statistica,
dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e
impiegati verificatasi nei due anni precedenti. A questo fine, entro
il 1° dicembre di ogni biennio, il Ministro della salute, di concerto
con i Ministri dell’economia e delle finanze e della giustizia,
fissa, seguendo il criterio di cui al periodo precedente, i nuovi
limiti delle sanzioni amministrative pecuniarie, che si applicano dal
1° gennaio dell’anno successivo. Tali limiti possono superare quelli
massimi indicati nella legge 24 novembre 1981, n. 689. La misura
delle sanzioni amministrative pecuniarie, aggiornata ai sensi delle
disposizioni del presente comma, e’ oggetto di arrotondamento
all’unita’ di euro, per eccesso se la frazione decimale e’ pari o
superiore a 50 centesimi di euro, ovvero per difetto se e’ inferiore
a tale limite.
5. Le autorita’ competenti all’irrogazione delle sanzioni
amministrative previste dalla presente legge sono il Ministero della
salute, le regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, negli
ambiti di rispettiva competenza.
ART. 8.
(Entrata in vigore).
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello
della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara’ inserita
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica
italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addi’ 4 novembre 2010
NAPOLITANO
__________________________________________________________________________
SENTENZE
Sentenza della Corte di Cassazione n.1394 / 2000
Se il cane abbaia non è disturbo della quiete. Se il cane non disturba una pluralità di persone ma solo il vicino “il fatto non sussiste”. Perché vi sia reato “è necessario che i rumori siano obiettivamente idonei ad incidere negativamente sulla tranquillità di un numero indeterminato di persone”.
Sentenza della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione n. 4629/2003
Gli animali vanno trattati con umanità: sì alla condanna di chi prende a calci un cane:
Prendere a calci un cane per futili motivi è reato perché anche gli animali sono essere dotati di sensibilità e devono essere trattati con umanità. La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha confermato così la condanna per il reato di maltrattamento di animali inflitta ad un uomo che aveva preso a calci il cane di una signora allo scopo di attirare l&Mac226;attenzione della donna. Per il reato di maltrattamenti, ha spiegato la Suprema Corte, non è richiesta la lesione fisica all&Mac226;animale, essendo sufficiente una sofferenza, in quanto la norma mira a tutelare gli animali quali esseri viventi capaci di percepire con dolore comportamenti non ispirati a simpatia, compassione ed umanità.
Sentenza della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione n. 2376 ( 2 marzo 1999)
Sempre punibile chi abbandona il cane:
Se un cane gettato fuori da una macchina segue la vettura, questa è la prova che il conducente è proprietario del cane. Così ha sentenziato la Suprema Corte affermando che non serve la prova della “domesticità” del cane per indicarne la proprietà. Basta aver accertato che l’animale veniva trasportato a bordo dell’autovettura e che una volta gettato fuori tentava di rincorrerla.
Sentenza della Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione n.1394 (6 marzo 2000)
Se il cane abbaia non è disturbo della quiete:
Se gli ululati del cane non disturbano una pluralità di persone, ma solo un singolo vicino, non è configurabile il reato di disturbo alla quiete pubblica. La Suprema Corte ha affermato che affinchè vi sia disturbo alla pubblica tranquillità (art.659 c.p.) “è necessario che i rumori siano obiettivamente idonei ad incidere negativamnete sulla tranquillità di un numero indeterminato di persone”
Sentenza della Corte di Cassazione del 30 gennaio 1999
Non prendersi cura dell’animale equivale a maltrattarlo:
Maltrattamento non è solo infliggere sofferenze ad un animale, ma anche rifiutarsi di compiere azioni necessarie al suo benessere, quali procurargli cibo, riparo ecc.
Sentenza della Corte di Cassazione del 1999 sulla legge 157/92 (legge sulla caccia)
Alcuni cacciatori maltrattano:
La sentenza ha stabilito che alcune pratiche venatorie, pur consentite dalla legge 157 non sono compatibili con l’articolo 727 del codice penale. Causare sofferenze all’animale è reato sempre perseguibile anche nel casi in cui tali azioni sono consentite da altre leggi.
__________________________________________________________________________
L’Unione Europea ed il Trattato di Lisbona del 2007
Firmato dai 27 Paesi dell’Ue, riconosce giuridicamente gli animali come esseri senzienti e gli Stati nazionali dovranno tenere pienamente conto delle esigenze del loro benessere a partire dal 1° gennaio 2009. Il nuovo articolo 13 della parte II del Trattato, quello delle disposizioni di applicazione generale, che interessa i settori della ricerca, dell’agricoltura, della pesca, dello sviluppo tecnologico e dello spazio, sostituisce il meno impegnativo e non vincolante Protocollo sulla protezione e il benessere degli animali in vigore dal 1997 con il Trattato firmato ad Amsterdam.