Curriculum Vitae
Tancredi Rizzotti nato a Messina l’8/1/1979
mail tancredirizzotti@gmail.com
Diploma di Maturità Classica
Dottore in economia e Commercio
Dottore in Giurisprudenza
Master Universitario di II livello in Bioetica
Responsabile del Coordinamento Difesa Animali
Amministratore di www.difesaanimali.it
E’ stato:
Esperto del Sindaco alla tutela degli animali per il Comune di Messina (giunta Genovese)
Esperto del Sindaco alla tutela degli animali per il Comune di Messina (giunta Buzzanca)
Volontario presso varie strutture ed associazioni animaliste
Responsabile clienti Halliance Healthcare
Docente nei corsi di formazione S. G. Apostolo
Insegnante in corsi ECM a compartecipazione Universitaria
Si occupa della promozione del “turismo animal friendly” per la Città Metropolitana di Messina
Consulente presso la V Commissione (Cultura, Formazione e Lavoro) dell’Assemblea Regionale Siciliana
Il lavoro elaborato è una delle conseguenze di una passione che ha avuto inizio, tantissimi anni fa, con l’arrivo della mia prima gatta(Ishtar); passione che nel tempo è andata sempre più rafforzandosi.
Le continue ingiustizie ai danni degli animali,l’indifferenza a tali ingiustizie e la loro impossibilità a difendersi ,mi hanno sempre portato a pensare che oltre alle leggi un ruolo importantissimo è rappresentato dal “sentire comune”.
Consapevole che solo grandi ricchezze private o in alternativa le Istituzioni possano nel breve periodo determinare una inversione di tendenza, all’età di diciotto anni, ho deciso di catapultarmi nel mondo della “politica partitica” che, dopo molteplici delusioni cagionate da una classe politica ignorante ed insensibile, mi ha consentito di ricoprire, in due distinte “Giunte” (Genovese – Buzzanca), l’incarico di esperto per la tutela degli animali presso il Comune di Messina.
Amare o rispettare gli animali non significa farlo solo con i propri; ai sentimenti pocanzi accennati devono seguire comportamenti “sensibili”, rivolti anche nei confronti degli altri animali, in particolare modo di quelli meno “fortunati”.
Bisogna poi considerare che la realtà Italiana in tema di rispetto degli animali differisce fortemente tra Nord e Sud e sfortunatamente ancora una volta il triste primato negativo spetta al Sud.
La Sicilia ben si amalgama al trend negativo summenzionato; a Messina sfortunatamente non esiste una specifica figura istituzionale deputata alla tutela degli animali (se esiste, non se ne ha sentore).
Nell’attesa che la classe politica, sia essa di destra o di sinistra, allarghi i propri orizzonti e capisca che anche gli animali sono“forieri di consenso”(non abbiamo certo l’ardire di sperare che lo facciano per sensibilità) in considerazione del fatto che, chi ama gli animali è pronto a sostenere chi si impegna per loro indipendentemente dal colore politico, continuerò a battermi insieme a chi come me crede in una parità di diritti tra umani e animali.
Per tutto questo e per tanto altro spero che questo mio scritto possa essere d’aiuto a chi già ama gli animali e ancor di più possa avvicinare ai miei sentimenti quelli che ad oggi sono distanti.
L’ambiente e l’ecologia
Il modello di sviluppo economico tradizionale ha sottoposto l ’ambiente a tensioni e deformazioni,i cui effetti a lungo termine non sono determinabili.
Il problema ambientale appartiene anche ai paesi non industrializzati sia perché l’inquinamento non conosce confini sia perché i paesi più poveri sfruttano per sopravvivere, le proprie risorse naturali, nella speranza di raggiungere elevati livelli di benessere e per realizzare ciò usano spesso tecnologie obsolete che hanno impatti devastanti sul pianeta.
I profondi cambiamenti sull’ecosistema, cioè su organismi viventi (fattori biotici) sia su inanimati (fattori abiotici) presenti in un certo ambiente e le relazioni che legano gli uni agli altri, sono imprevedibili ed è questo che impone un cambio di tendenza.
I problemi connessi all’inquinamento e agli sprechi, si rispecchiano in un modello produttivo che pensa sempre e solo ad incrementare la produzione sfruttando ed esaurendo le risorse del pianeta.
Il concetto di ambiente si presta a diverse interpretazioni: ambiente lavoro-familiare-economico, ma una definizione certa è quella che vede l’ambiente come l’insieme di fattori biotici(esseri viventi animali e vegetali) e fattori abiotici(realtà inanimata).
L’ambiente è un sistema autosufficiente, aperto, capace di raggiungere autonomamente il proprio equilibrio.
In tale situazione gli esseri animali e vegetali convivono e interagiscono tra loro e i fattori esterni, prelevando e rimettendo nell’ambiente risorse.
Ogni organismo rappresenta un anello di una catena che, salvo interventi devastatori esterni, dovrebbe essere in costante e perfetto equilibrio.
Qualora uno degli anelli si dovesse spezzare, per fattori esterni, l’equilibrio dell’ecosistema diviene precario ed in taluni casi entra in crisi modificando la vita degli organismi viventi.
L’essere umano fa parte di questa catena e spesso la mette in grave crisi per l’eccessivo ed indiscriminato sfruttamento delle risorse ambientali.
Il primo segnale di una nuova e maggiore attenzione per l’ambiente consiste nell’uso, oggi divenuto comune, della parola ecologia.
Nell’analisi della valutazione della qualità ambientale, bisogna tenere conto della vulnerabilità cioè l’insieme delle condizioni che partecipano al cambiamento della realtà iniziale; della biodiversità consistente nell’insieme dei patrimoni genetici delle specie e degli ecosistemi; della stabilità la quale si concreta nella capacità dell’ecosistema di resistere alle pressioni mantenendosi in equilibrio; della sensibilità cioè l’intensità di risposta alle sollecitazioni esterne; del degrado nonché cambiamento in negativo; dell’inquinamento che determina l’alterazione di un determinata realtà ambientale derivante dall’immissione di sostanze estranee che l’ambiente non riesce a “metabolizzare”; della malleabilità che esprime le dimensioni dell’intervallo all’interno del quale il sistema riesce a riequilibrarsi; della rarità o scarsità limitata consistente nella disponibilità di un determinato elemento; della capacità di carico cioè il numero di organismi o individui di una determinata specie che l’ambiente può ospitare.
Per secoli l’uomo ha esageratamente sfruttato l’ambiente per un presunto miglioramento delle condizioni di vita senza accorgersi che invece si andava determinando un peggioramento delle condizioni di vita.
In economia il concetto di inquinamento tiene conto di due parametri essenziali:
effetto fisico di una determinata attività sull’ambiente; reazione dell’uomo a quell’effetto fisico.
L’effetto fisico che può essere positivo o negativo,derivante dai comportamenti umani, prende il nome di esternalità. L’inquinamento è una esternalità negativa che determinata un costo sociale cioè il risarcimento che dovrebbe compensare il danno apportato dall’esternalità negativa.
Si tenta di individuare un livello ottimale di inquinamento poiché la sua totale eliminazione ad oggi appare impossibile. Livello raggiungibile nel momento in cui il costo da sopportare per disinquinare sia compensato dalla diminuzione del costo sociale.
L’aria è rappresentata da un mix gassoso di azoto e ossigeno per il 99,9%,la presenza di altri gas dipende da vari fattori naturali e non.
Il cambiamento delle normali percentuali di gas che compongono l’aria prende il nome di inquinamento atmosferico.
L’inquinamento atmosferico dipende da fattori naturali (eruzioni vulcaniche) o fattori antropici (comportamenti umani) .
L’inquinamento di origine antropica è il più frequente e pericoloso;principalmente deriva dalle attività industriali,traffico etc.
Per porre un freno a tale tipo di inquinamento sono state individuate delle soglie limite di qualità dell’aria superate le quali si ritiene vi sia rischio per la salute umana e pertanto bisogna adoperarsi per rientrare nei limiti previsti.
L’acqua è l’elemento più diffuso in natura; si distingue tra acqua dolce e salata e salmastra in base alla diversa percentuale di sale in essa contenuta. Facendo poi riferimento alla sua provenienza si usa distinguere tra acque superficiali, meteoriche e sotterranee.
L’inquinamento idrico colpisce tutti i tipi di acque e può derivare da contaminazione naturale; domestica causata da scarichi fognari; agricola causata dall’uso di concimi fitofarmaci pesticidi etc; industriale scarichi a temperature molto elevate e di sostanze tossiche.
Le cause dell’inquinamento del suolo sono: fisiche estrazioni minerarie, erosione del suolo etc; chimiche diffuse dispersione di fertilizzanti chimici; chimiche puntiformi depositi di sostanze pericolose e discariche di rifiuti.
Le strategie di risanamento dell’ambiente possono essere realizzate facendo uso di strumenti regolativi ed economici, che si rifanno al principio che chi inquina deve pagare o proattivi consistenti nel prevenire.
Una buona politica ambientale si deve basare su tutti gli strumenti utili di cui si può disporre.
Gli strumenti regolativi si basano sulla regolamentazione dello sfruttamento delle risorse;sulla previsione di un controllo a cura di un soggetto pubblico;sull’emanazione di Direttive Regolamenti che stabiliscano limiti alle emissioni e allo sfruttamento delle risorse.
Le norme a tutela dell’ambiente si concretano in:norme di emissione,norme di qualità che individuano la quantità massima di inquinante che un determinato corpo può assimilare;norme di processo che individuano standard di produzione;norme di prodotto che stabiliscono le caratteristiche di determinati prodotti.
Sfortunatamente però le norme sono troppo spesso difficilmente interpretabili e contraddittorie,gli standard vanno aggiornati frequentemente affinchè non divengano obsoleti,si fa riferimento a impatti prevedibili ma spesso gli effetti inquinanti non lo sono;i controlli hanno costi elevatissimi per la comunità.
Tutto ciò però non sminuisce l’importanza degli strumenti regolativi all’interno di una seria politica ambientale.
L’ecologia può definirsi come lo studio dell’habitat degli esseri viventi,consiste quindi nelle relazioni degli organismi con l’habitat.
Oggi taluni intendono l’ecologia come la scienza degli ecosistemi cui sino a pochi anni fa era stato concesso uno spazio marginale battuto da pochi studiosi.
Oggi si ha consapevolezza,che l’impatto umano sull’ambiente determina una reale minaccia per la sopravvivenza dell’ambiente con tutte le sue forme di vita e quindi anche quella umana.
Diviene allora sempre più pressante il problema bioetico inteso come obbligo di affrontare l’emergenza ambientale attraverso la scienza della sopravvivenza(bioetica).
Essendo l’ecologia lo studio dell’interazione fra popolazioni umane e ambienti naturali,il termine popolazione ha una rilevante importanza.
In ecologia la popolazione consiste in un sistema biologico formato da un gruppo di individui della medesima specie localizzati in un determinato territorio.
Le grandi densità di popolazione che testimoniano l’enorme potenziale riproduttivo vengono frenate da vari fattori come mancanza di spazio e nutrimento,auto inquinamento e lotte con altre specie.
La biosfera,cioè quella parte del nostro pianeta, in cui si registrano tutte quelle condizioni necessarie alla vita animale e vegetale ed in senso figurato il complesso degli organismi viventi e degli ecosistemi che necessitano dell’intervento umano, risente negativamente dell’opera distruttiva dell’uomo.
Dinnanzi al reale problema di una terra dalle limitate risorse diviene necessario propugnare una migliore qualità della vita.
Ecco allora che l’uomo non deve limitarsi a tutelare il solo ambiente naturale,ma anche l’ambiente vitale quotidiano,con particolare attenzione ai fenomeni di urbanizzazione e industrializzazione.
Religione e animali, nuovo antropocentrismo.
La religione occidentale ha riservato esigue attenzioni agli animali i quali erano considerati cose al servizio degli uomini .Contrariamente a questa visione la religione orientale ci da una rappresentazione del genere umano,degli animali e della natura come un unicum inscindibile poiché ognuno dei tre elementi è indispensabile per l’esistenza e lo sviluppo degli altri.
Buddhismo e Induismo riconoscono agli animali facoltà d’accesso al paradiso cosa che Cristianesimo ed Ebraismo non sembrano riconoscere;in una posizione di mezzo troviamo l’islamismo che riconosce sì agli animali la facoltà pocanzi accennata,ma non a tutte le specie.
Negli ultimi tempi si è notata una certa apertura della Chiesa nel rivisitare e in parte reinterpretare i Testi Sacri dando maggiore e migliore spazio agli animali,ma sebbene ciò,si è ancora lontani da una vera e propria svolta.(Non era S. Francesco nel Suo cantico delle Creature che interpretava il cristianesimo come il dovere di prodigarsi con eguale dedizione a tutti gli esseri che soffrono e muoiono?-nota dello scrivente-)
Preme ricordare che Papa Giovanni Paolo II ha riconosciuto l’anima agli animali trasformandoli così in esseri destinatari di obblighi morali e capaci di interagire moralmente con gli esseri umani.
Una nuova concezione si fa largo all’inizio del XXI° secolo,l’accantonamento del concetto di supremazia umana che vede necessariamente il prevalere dell’uomo sugli animali.
Per morale della simpatia intendiamo il fatto che gli animali nel compiere abitualmente azioni sembrano essere guidati da razionalità e non semplice istinto;accade,quindi così, che l’uomo non è più l’unico essere razionale della terra.
Si riconosce che gli animali provano felicità e sofferenze e pertanto l’uomo deve attuare comportamenti tesi a procurare felicità agli animali è questo uno dei concetti cardine dell’animalismo compassionevole.
Teoria anch’essa indirizzata verso uno smantellamento del vecchio concetto di antropocentrismo è la teoria della utilità che consiste in una cinica ma efficace congettura secondo la quale poiché non vi è utilità nell’arrecare sofferenze agli animali,non bisogna maltrattarli.
Il neoutilitarismo si propone di affermare il principio di uguaglianza fra uomini e animali e la conseguente destituzione del principio opposto dello specismo.
Se gli animali come gli uomini provano gioie e dolori perché mai non riconoscere loro i medesimi diritti dei più fortunati umani?
Però per realizzare un’effettiva eguaglianza non sarà sufficiente il solo sostegno di norme giuridiche ma si necessiterà di una nuova concezione morale del rapporto uomo-animale.
Alla,pretestuosa, obiezione inerente una inferiorità mentale comportamentale etc degli animali rispetto agli uomini rispondiamo che allora anche i neonati,i diversamente abili e gli infermi di menti non sarebbero meritevoli della tutela riservata agli uomini(cosa che allo stato dei fatti è ben lungi dalla realtà).
Un grande passo in avanti lo riscontriamo con Regan che propone la teoria del “valore” che prevede veri e propri obblighi degli uomini verso gli animali e diritti soggettivi di questi ultimi.
Viene meno,per Regan,la concezione che il valore di un animale dipende dall’utilità di questo riscontrata dagli umani,ponendo un netto distinguo tra “agenti morali” quegli individui dotati di svariate capacità tra le quali:ragione, linguaggio, autodeterminazione,autocoscienza e il saper distinguere il bene dal male,caratteristiche proprie(o che dovrebbero essere tali)degli umani adulti;abbiamo poi i “pazienti morali” dotati di memoria,desideri,una parziale autocoscienza,privi però della capacità di formulare principi morali,categoria alla quale appartengono:neonati,bambini piccoli,menomati mentali e psichici e anche gli animali.
Pilastri di una teoria,come questa del valore,a fondamento del riconoscimento di un’insieme di diritti agli animali e dei conseguenti obblighi degli esseri umani sarà necessario rifiutare l’idea dell’animale oggetto a disposizione dell’uomo,il riconoscere agli animali lo status di soggetti senzienti.
Visione che cozza,chiaramente,con la teoria cartesiana x la quale inesistente è la differenza tra animali e macchine.
L’applicazione della summenzionata teoria fa sì che il trattamento egualitario debba essere riservato a tutti gli animali di allevamento,caccia,sperimentazione,non più risorse a nostra indiscriminata disposizione,il loro rispetto è un dovere giuridico e non un dovere morale.
Eccezione ai principi sin ora esposti,è proposta dallo stesso Regan che ritiene ammissibile il poter danneggiare o il permettere che altri danneggino uno o più animali,qualora questi comportamenti tutelino principi morali prevalenti sul diritto degli animali al non essere danneggiati.
Il diritto alla vita è il massimo riconoscimento attribuito agli animali dalla teoria Reganiana e massimo riconoscimento cui chiunque può aspirare,non è pertanto condivisibile la cattura di animali selvatici o l’utilizzo di cavie per la ricerca scientifica poiché in questi casi vi è una netta supremazia dell’uomo che decide per l’animale procurandogli il più delle volte sofferenze.
La teoria del valore va ben oltre professando il vegetarianesimo e sostiene con fermezza,l’inopportunità di caccia,pesca e allevamento anche se per scopi alimentari,convivere e non semplicemente vivere e fare scienza senza compromettere i diritti di nessuno,siano essi animali o umani.
Oltre alla filosofia anche la sociologia ci sottopone la necessaria esistenza di diritti degli animali;chi dispone del potere dovrebbe farsi carico di tutelare i più deboli siano essi umani o animali.
Se oggi in tutti i paesi industrializzati sono considerate ingiuste le differenze di trattamento e di diritti tra gli esseri umani,dibattuta è la questione se gli animali debbano godere degli stessi,o quantomeno simili,diritti degli uomini.
La sociologia giuridica ci fa notare che la maggior parte degli interventi a favore del genere animale si riflettono in atti che,talvolta anche solo indirettamente,tutelano lo stesso genere umano.
Non trascurabile è poi la scienza e la filosofia del benessere che prende spunto “dall’animal welfare” cioè conoscenze tecnico-scientifiche necessarie a definire l’idea di stress e benessere degli animali;scopo ultimo è il contemperare i diritti degli animali con l’impiego di quest’ultimi da parte dell’uomo.
Sfortunatamente però il concetto di benessere non è univoco(interesse a:non soffrire,non essere mutilato,non essere imprigionato,etc).
Sebbene quanto sin ora esposto attraverso svariate teorie che tendono,per lo più,verso una condizione di assoluta o parziale parità,tra animali e umani;ad oggi però dobbiamo tristemente riscontrare che la concezione antropocentrica è dominante.
Uno degli ostacoli che oggi ci impedisce di riconoscere un preciso status giuridico agli animali,sta nell’obiezione ,a mio avviso pretestuosa,secondo la quale questo riconoscimento comporterebbe una impostazione di antiumanistica.
Appare invece possibile,sebbene arduo,propugnare la conciliazione degli interessi umani con quelli ambientali-animali,giungendo così all’umanesimo ecologico.
La bioetica ambientale e animale
E’ da tempo che all’interno delle più diverse ideologie politico-culturali e delle più diverse correnti di pensiero emerge la necessità di confrontarsi con il problema del rispetto della vita e della sensibilizzazione in tale direzione.
La pressante necessità di garantire un ambiente salubre ,funzionale alla qualità della vita,è cosa sancita dalla Conferenza delle Nazioni Unite,svoltasi a rio de Janeiro nel giugno1992,conferenza alla quale hanno partecipato 175 paesi.
Uno dei più importanti principi consegnatici dalla succitata conferenza è che: gli esseri umani hanno il diritto ad una vita salutare e produttiva in armonia con la natura.
Le Nazioni Unite due decenni prima affermavano che:l’uomo è al tempo stesso creatura e artefice del suo ambiente.
Il diritto all’ambiente è riconosciuto dai principali organismi internazionali(ONU,CEE etc) e lo troviamo anche in alcune costituzioni.
La sopravvivenza dell’uomo sulla terra impone a questo il rispetto dell’ambiente,poiché questo non è considerabile come una res nullius ma come una res omnium come ci ricordava Giovanni Paolo II,dando un valore etico all’ambiente valore che l’uomo deve proteggere non solo per se ma anche per le generazioni future.
Ma l’attuale pensiero è che la natura meritevole di tutela non è quella magica delle civiltà arcaiche,anche definita incontaminata,ma la natura figlia della cultura amalgamata con la storia che mostra gli interventi umani ed ha come fine ultimo il loro benessere.
Ecco allora che progresso economico e tutela dell’ambiente,concetti considerati dai più contrapposti,intraprendono ora un comune percorso destinato a sfociare in felicità ed utilità per tutte le specie che abitano la terra.
Il PIL(prodotto interno lordo)è considerato il miglior indicatore della qualità della vita e quindi del benessere;ma sfortunatamente esso non tiene conto della continua e crescente attività di inquinamento della biosfera,che si traduce in costi di vario genere per la collettività.
Quando si attribuisce un valore ad una produzione bisogna tenere presente anche il disvalore che questa apporta;un esempio può ben essere rappresentato con la petroliera che dopo svariati viaggi,perde il suo carico in mare,pertanto il benessere apportato dai viaggi con esito positivo viene ridimensionato dal danno ambientale della dispersione in mare del greggio dalla stessa fuoriuscito.
Per contemperare le diverse esigenze si parla allora di sviluppo sostenibile che si concreta in uno sviluppo che:”soddisfi i bisogni del presente senza compromettere però la capacità delle future generazioni di poter soddisfare i propri”.
La sostenibilità vuole che gli stati rispettino la capacità di carico della terra,cioè che non sfruttino le risorse oltre il tasso di naturale rigenerazione.
Per far ciò gli stati devono adottare:
. il principio della precauzione che ha come fine quello di ridurre al minimo l’emissione di sostanze inquinanti
.il principio inquinatore-pagatore per il quale i costi derivanti dall’inquinamento devono essere sostenuti da chi lo ha determinato.
.il principio utilizzatore-pagatore che si esplica nel concetto del più consumi più paghi.
Per poter applicare i principi summenzionati sono necessarie una ristrutturazione produttiva e tecnologica,revisione della modellistica istituzionale ed ultima ma non meno importante una rivoluzione culturale.
Per quanto attiene alla bioetica applicata al mondo animale la intendiamo come lo studio scientifico delle somiglianze comportamentali tra le specie animali e tra queste e quella umana col fine di perseguire un miglioramento della qualità della vita dell’intero ecosistema.
Se gli esseri umani possono essere considerati “animali” allora il loro comportamento potrebbe essere interpretato in chiave zoologica.
Forse il concetto di animale può concretarsi in quello di un essere cui mancano le caratteristiche salienti proprie degli umani?Tesi fatta propria da Descartes per il quale il comportamento degli animali considerati automi sarebbe ripetitivo e meramente esecutivo.
Noi invece preferiamo ritenere che il cervello animale ed umano abbiano molto in comune. Naturalmente non tutti gli animali hanno lo stesso grado di vicinanza mentale all’uomo,grado che varia secondo la specie animale presa a riferimento.
Diritti degli animali
La tesi “classica” nello studio dei diritti risulta compressa ai soli diritti umani,i nuovi diritti quelli di terza e quarta generazione sembrerebbero anch’essi essere ancorati ai soli diritti umani.
Diviene pertanto preminente aprire a nuovi e diversi soggetti;coscienti però dei problemi di quantità,contenuto e tipologia dei diritti ,cui inevitabilmente si andrà in contro.
Riconoscere importanti diritti agli animali non è cosa di poco conto perché se facile è propugnare rispetto e compassione altra cosa risulta attribuir loro importanti diritti.
Bisogna cominciare col distinguere tra le varie tipologie di diritti:morali,legali,giuridici,naturali etc.
Per concretezza,al momento è preferibile,intendere come diritto ciò che è espresso in precise disposizioni normative,diversamente “i diritti morali” dipendono dalla volontà del singolo;conseguenza di ciò è che tali “diritti” non sono un obbligo sociale e pertanto in caso di loro violazione non sono previste sanzioni giuridiche.
E’ però vero che il diritto presenta due facce quella morale e quella giuridica che normalmente esercitano forte influenza sui comportamenti umani.
Soffermandoci sui diritti morali possiamo dire che questi si rivolgono indistintamente a tutti i soggetti che fanno parte della categoria cui si fa rifermento,spesso accade che questi si trasformino in diritti giuridici ma anche se così non fosse esisterebbero comunque per un sentire comune.
Per poter vantare tale tipologia di diritti bisogna individuare dei criteri quali il poter provare piacere e dolore e di certo il valore intrinseco proprio di ogni essere.
Il percorso del riconoscimento giuridico di diritti a favore degli animali,deve essere però,affrontato dal punto di vista del giurista privo di sentimenti compassionevoli propri degli animalisti o di quello integralista umanista,per capire se i diritti giuridici vanno riferiti ai soli essere umani o anche ad altri esseri viventi.
Ecco allora che bisognerà valutare diritti umani per capire se esistano delle difficoltà che ne impediscano l’estensione agli animali.
Per gli umani affetti da gravi handicap mentali si usa distinguere tra capacità giuridica e capacità d‘agire;la prima consistente nella titolarità di diritti e doveri è patrimonio di tutti,la seconda che consiste nel farli valere praticamente,non può essere esercitata da tali soggetti se non per il tramite di un altro soggetto(tutore-curatore-genitore)il quale agisce in nome e per conto dell’incapace.
Gli animali,come noto,non possono riuscire,autonomamente,a far valere i loro diritti e non conoscono nemmeno i loro diritti pertanto in assenza di una figura umana che colmi questo gap è come se questi non avessero diritti.
Procuratori che operano per conto di animali non sono una bizzarria esistono infatti ingenti patrimoni economici lasciati ad animali affiancati da appositi rappresentanti.
Non è sufficiente ampliare la tutela giuridica in favore degli animali,risulta indispensabile riconoscere a questi un particolare status giuridico,perché si arrivi ad una immagine e ad una percezione culturale del tutto nuova.
Attribuire loro un apposito status giuridico non vuol dire attribuire a questi gli stessi diritti dell’uomo scelta questa fortemente irrazionale(pensiamo al diritto di voto di istruzione etc).
Possiamo pertanto affermare che il novero dei diritti animali deve essere di dimensioni più contenute rispetto a quello umano.
Tra i diritti animali ,non sembra ardito considerare come primo,il diritto alla vita che nel caso degli umani prende spunto dal poter soddisfare i propri obbiettivi senza però ledere diritti ed interessi altrui,elemento indispensabile è il possesso della vita.
Desideri,scopi,preferenze,interessi sono alla base del diritto alla vita,ma essendo fatto noto che anche gli animali sono titolari di interessi,fini e desideri non si può non riconoscere anche loro un diritto alla vita anche se diverso da quello umano.
Ciò quindi comporta che non si possono infliggere ingiustificate sofferenze agli animali non si possono ingiustificatamente uccidere;seguendo acriticamente tale logica,però,dovrebbe propugnarsi come obbligatorio il vegetarianesimo.
Tesi questa inclusa tra gli atti supererogatori,cioè atti che sarebbe bene mettere in pratica,ma che non è male disattendere,non può appartenere a quegli atti doverosi e/o obbligatori.
A sostegno del vegetarianesimo troviamo anche teorie di tipo economico secondo cui mangiare carne costituisce un assurdo economico;non risulta pertanto azzardato affermare che il vegetarianesimo è fortemente condizionato da elementi economico-sociali.
La tesi che riconosce agli animali il diritto assoluto alla vita va inevitabilmente a scontrarsi con molti interessi umani;proseguendo per questa strada il diritto alla vita degli animali,sembrerebbe sacrificabile solo per esigenze umani vitali,mai per futili piaceri,(alimentazione-sperimentazione medica)sempre però con l’intento di rendere minimi le sofferenze degli animali.
Pertanto è da riconoscere a tutti gli animali senzienti cioè capaci di provare piacere e dolore il diritto alla vita che dovrebbe esplicarsi nel far vivere lo stesso con serenità e consentendogli di soddisfare i propri interessi,garantendo infine a questi una vita ed anche una morte dignitosa.
Punti cardine del diritto alla vita sono:il diritto alla non sofferenza e il diritto ad una morte dignitosa infatti sebbene attualmente il diritto alla vita riconosciuto agli animali sembrerebbe più relativo che assoluto,ciò non può assolutamente consentire crudeli comportamenti e ingiustificabili sofferenze;temi questi che troviamo nell’ambito dell’allevamento,della macellazione e della ricerca scientifica.
Il fatto che un animale di allevamento sia destinato già dalla nascita ad una morte programmata non significa che questo non goda anch’esso del diritto alla vita,che nel caso specifico consiste in una morte dignitosa e nell’evitargli inutili sofferenze.
Soluzione risolutoria sarebbe l’adozione del vegetarianesimo ma abbiamo già accennato che questa può essere una scelta personale e non imposta dall’ordinamento.
Migliorare la vita dell’animale allevato facendo uso di migliori tecniche,metodologie di macellazione e sostituendo gli allevamenti intensivi con quelli che consentono dignitose condizioni di vita sarebbe sicuramente un modo per rispettare chi è fonte di nutrizione e quindi anche di vita per noi.
Gli allevamenti intensivi producono molti danni,tutti ingiustificabili,agli animali come l’inibizione degli istinti naturali.
Nel caso della macellazione bisognerebbe far si che l’animale non muoia in modo cruento e soffrendo ma sebbene le tecniche di abbattimento si siano evolute ad oggi notevole è la sofferenza al momento del trapasso.
Situazione ancor più complessa nel caso di macellazione rituale facente riferimento a dettai religiosi.
Nella religione ebraica ed islamica,l’uccisione dell’animale destinato all’alimentazione deve avvenire mediante taglio dell’esofago e della trachea facendo uso di una lama.
Si ravvisa però una incongruenza che è quella dell’offesa a Dio nel momento in cui l’uomo uccide una creatura presente per volere divino;pertanto ammettendo che le metodologie di uccisone 2000 anni fa potevano apparire rapide e non troppo dolorose oggi sicuramente vanno modificate a favore di tecniche più evolute e meno raccapriccianti.
Il fatto poi che talune usanze si facciano forti di prescrizioni religiose non può e non deve giustificare atti che ledono diritti fondamentali come quello alla vita anche se il diritto in questione è di un animale.
In Italia i macellatori religiosi devono essere affiancati da un veterinario il quale deve assicurarsi che il taglio dell’esofago avvenga con una lama affilata e che gli animali vengano storditi subito dopo avere ricevuto il taglio sacrificale.
La Danimarca impone che gli animali vengano storditi con un colpo di pistola subito dopo il taglio sacrificale,mentre Svizzera e Svezia vietano ogni tipo di macellazione rituale e comunque vige l’obbligo di stordimento dell’animale soggetto a macellazione.
Per quanto attiene alla sperimentazione animale dobbiamo stabilire se questa coincida o meno con la vivisezione e ammettendo che siano diverse se siano giustificabili.
Originariamente sperimentazione animale e vivisezione dovevano rappresentare fatti diversi,la prima partendo da ferrei protocolli etico-scientifici, ha come fine il migliorare la salute umana,danneggiando il meno possibile l’animale;la seconda consisteva in quei trattamenti ai limiti del crudele che causando sofferenze e mutilazioni risultano spropositati rispetto agli obbiettivi che si propongono arrivando a ledere non solo la dignità animale ma anche quella umana.
Oggi i due concetti sono distinti da una linea sottile se non invisibile che li porta troppo spesso a sconfinare oltre ogni etica in nome di una ricerca sempre più spregiudicata.
Neppure clamorosi errori hanno indotto a capire che frequentemente i risultati ottenuti su di un organismo animale differiscono fortemente da quelli che si possono ottenere su di uno umano pertanto ad oggi si ha un incremento della sperimentazione di cure su cavie animali,ottenendo spesso risultati inutili per il genere umano.
Si pone anche qui il problema della contrapposizione tra interessi umani e diritto alla vita dell’animale attualmente la soluzione più bilanciata sembrerebbe il giustificare tali sperimentazioni solo in caso di perseguimento di interessi primari e non altrimenti raggiungibili.
Se si accetta il principio che l’animale è soggetto di diritto non si può pensare che sia meglio sacrificare questo piuttosto che un umano,così facendo cadremmo nello “specismo” che noi dobbiamo dimenticare a favore del principio di uguaglianza.
Pertanto anche la ricerca scientifica e il presunto benessere che per gli umani ne potrebbe derivare devono avere dei limiti e comunque devono rispettare,sempre ed in qualunque caso,il diritto a non subire inutile ed evitabili sofferenze ed il diritto ad una morte dignitosa.
Oggi di certo il diritto alla libertà è palesemente riconosciuto agli esseri umani,ma agli animali?
Per libertà nel mondo animale intendiamo il riconoscere a questi la facoltà di agire come meglio credono al fine di realizzare i propri interessi senza dovere sottostare a limiti esterni.
La libertà ha tanti aspetti in base a quanti sono gli interessi da perseguire.
Sembra opportuno riconoscere loro,quantomeno,un “relativo diritto alla lbertà”,il relativo dovrebbe garantire una migliore convivenza tra umani e animali e quindi migliori condizioni di vita di questi ultimi.
Libertà non significa che gli animali possano fare ciò che vogliono creando magari grossi nocumenti alla nostra vita(girare liberi per le strade,aggredire gli umani etc)bisogna soltanto evitare inutili e superflue costrizioni alla loro vita.
Non sono quindi ammissibili circhi e zoo dove gli animali vivono in cattività solo per intrattenere gli umani,bisogno dar loro la possibilità di vivere nei loro habitat che vanno anche questi tutelati.
Tale diritto alla libertà non va riconosciuto solo agli animali selvaggi ma anche a quelli che svolgono attività utili all’uomo(alimentazione-soma etc).
In tale direzione molti Stati si stanno indirizzando per stabilire parametri per le modalità di allevamento,trasporto,raccolta tale da assicurare loro una vita il più possibile dignitosa.
La continua esigenza di regolare i rapporti tra umani e animali ha dato vita a molteplici provvedimenti normativi di tipo nazionale,comunitario ed internazionale.
La maggior parte di tali provvedimenti normativi mette in risalto una visione antropocentrica.
L’evoluzione legislativa italiana può dirsi cominciata intorno alla metà degli anni 80 con un percorso che ha lentamente portato a normative meno antropocentriste e più favorevoli agli animali.
La prima normativa meritevole di attenzione in tema di tutela degli animali è quella contenuta nel Codice Zanardelli del 1889 che all’articolo 491 sanciva: ”Chiunque incrudelisce verso animali o,senza necessità li maltratta ovvero li costringe a fatiche manifestamente eccessive,è punito con ammenda…….Alla stessa pena soggiace anche colui il quale per solo fine scientifico o didattico,ma fuori dei luoghi destinati all’insegnamento,sottopone animali ad esperimenti tali da destare ribrezzo.”
Risulta lampante l’interesse del legislatore non tanto di tutelare il benessere degli animali ma più che altro non offendere la sensibilità umana.
L’articolo 491 fu ripreso dalla legge n 611/1913 concernente provvedimenti per la protezione degli animali cui bisogna riconoscere il merito di avere individuato specifiche fattispecie di reato tra cui:atti crudeli su animali,l’impiego di animali che per vecchiaia,ferite o maltrattamenti non sono più idonei a lavorare,l’abbandono di animali,giochi che determinano strazio di animali,sevizie nel trasporto.
Tale legge si occupava anche delle Società protettrici di animali,sfortunatamente però a causa della difficile situazione storico-politica non trovò vera applicazione.
Il successivo Codice Rocco del 1930 all’articolo 727 riprendeva il Codice Zanardelli anche qui l’interesse preminente non è la tutela giuridica degli animali ma il sentimento di pietà e compassione dell’uomo verso gli animali,sono gli uomini ad esseri lesi dalla sofferenza ingiustificata degli animali;salute ed integrità fisica dell’animale rappresentano l’oggetto materiale del reato ma non l’oggetto della tutela.
Stessa tendenza è esplicitata dall’articolo 638 che ci parla di uccisione o danneggiamento di animali altrui,ancora una volta il diritto alla tutela è solo del proprietario dell’animale e non dell’animale maltrattato da questo articolo traspare la raccapricciante constatazione che è lecito uccidere ,in caso di necessità,il proprio animale o un animale randagio privo di proprietario.
Per necessità intendiamo ogni situazione che porti all’uccisione o danneggiamento dell’animale per evitare un pericolo imminente o per impedire un grave danno giuridicamente apprezzabile alla propria,altrui persona o a beni quando si ritieni che tale danno non sia altrimenti evitabile,o ancora per impedire che l’animale medesimo patisca inutili e gravi sofferenze.
La continua evoluzione interpretativa rafforzata dalla Corte di Cassazione nel 1990 sostenne che l’art 727 andava interpretato in favore di una tutela principalmente rivolta agli animali sì da mettere in secondo piano il sentimento umano.
Una forte accelerazione legislativa si determina negli anni 90.
Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo 281/91 dove non risulta più necessaria una offesa del sentimento umano per poter tutelare l’animale vittima;la legge indica i compiti di Regioni e Comuni .
Nel 1993 la Legge 473 rielabora l’articolo 727 e tra i suoi meriti ha quello di definire in modo più preciso il reato di maltrattamento,stabilendo che in ogni caso la detenzione dell’animale,anche se assolve ad interessi umani considerati degni di tutela,non può avvenire causando strazio e sofferenza all’animale stesso.
Il nuovo 727 si occupa anche di spettacoli e manifestazioni in cui vengono utilizzati animali i quali non devono patire sofferenze o strazio per semplice divertimento umano.
Le insufficienze presenti nella 727 ed il dilagante fenomeno del combattimento di animali hanno portato nel 2004 il legislatore ad approvare la legge n 189 con cui si conferisce all’animale una nuova soggettività. La nuova legge per quanto antropocentrica ha il grande merito di superare la distinzione tra uccisione di animale altrui,maltrattamento e uccisione di animale proprio eliminando il vuoto inerente l’uccisione di animali di nessuno(res nullius).
Vi è una similitudine con l’omicidio di esseri umani:”chiunque per crudeltà o senza necessità,cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da tre a diciotto” mesi così l’animale diviene soggetto passivo del reato e non più semplice referente indiretto di altrui diritti;a differenza degli uomini per gli animali è però necessario che ci sia stata crudeltà e mancanza di necessità.
Pertanto si potrebbe ritenere che l’uccisione di un animale è ammissibile se procurata per necessità e senza inutili crudeltà.
L’articolo 544 ter trasforma tale fattispecie da contravvenzione a delitto;la legge punisce inoltre le modificazioni genetiche degli animali per adeguarli alle aspettative umane(la convenzione di Strasburgo del 95 vieta trattamenti chirurgici estetici sugli animali),a tal riguardo in campo animale si deve distinguere tra chirurgia estetica(taglio della coda e delle orecchie) e chirurgia utilitaristica(asportazione di unghie e denti), oggi esistono dei prodotti come il botex che mediante l’uso di siringhe e non bisturi distendono le rughe degli animali di affezione.
Le pene previste per tali delitti sono inasprite di un terzo se legate a scommesse clandestine o se causano la morte dell’animale.
L’art 544 quinquies punisce anche chi organizza o dirige combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate tra animali che possano mettere in pericolo la loro integrità fisica;quindi il reato è il pericolo dell’integrità fisica e non la effettiva lesione fisica;anche chi li alleva o addestra per destinarli ai combattimenti o chi detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura viene punito dal 544 quinquies;viene infine vietato l’uso di cani e gatti per il confezionamento di capi di abbigliamento e pelletteria.
Sfortunatamente però le nuove norme a tutela degli animali sono fortemente indebolite dalle eccezioni previste dall’art 19 ter che esclude quanto sopra citato in materia di:caccia,pesca,allevamento,trasporto,macellazione,sperimentazione,circhi, zoo,manifestazioni storico-culturali.
Per quanto attiene la sperimentazione sugli animali,la legge 611 del 1913 stabilisce che gli esperimenti possono essere effettuati solo da persona munita di speciale licenza,ad eccezione di docenti assistenti nelle Università o in altri Istituti Scientifici del regno,o dai sanitari e veterinari addetti ai laboratori ed uffici governativi:Tale legge non prevedeva alcun limite alla vivisezione,limiti che cominciano a prender corpo nel 1927 quando si stabiliva che la vivisezione potesse svolgersi solo negli istituti scientifici e sotto la responsabilità dei loro direttori.
Con la legge 924 del 1931 appare il termine vivisezione ma è la Direttiva Comunitaria 609 del 1986 che mette ordine alla materia sin qui goffamente regolata. La direttiva si articolava in tre direzioni:definizioni di legge, gli obblighi e le responsabilità delle singole Autorità nazionali e degli sperimentatori;elenco delle specie protette da questa normativa,linee guida per la stabulazione e cura degli animali,tabelle indicanti condizioni di stabulazione;la sperimentazione è ora ammessa solo per determinati fini:sviluppo produzione e determinazione di qualità,efficacia,sicurezza di medicinali,alimenti e altre sostanze o prodotti atti ad evitare,prevenire diagnosticare o curare anomalie in uomini,animali o piante.
Per il recepimento della Direttiva fu necessario abrogare quasi completamente la legge 924 del 1931.
Vengono fissate delle regole innovative tra cui: la nuova considerazione della tutela del benessere degli animali destinati alla sperimentazione,la necessaria richiesta di autorizzazione e/o comunicazione per effettuare la sperimentazione,la somministrazione dell’anestesia generale o locale come regola generale derogabile solo previa autorizzazione del Ministero della Salute,l’uso di metodi umanitari nel caso di uccisione dell’animale quando,terminato l’effetto dell’anestesia questo soffra eccessivamente,divieto di esperimenti che rendano l’animale afono o commercializzare acquistare ed usare animali resi afoni,l’obbligatoria presenza del veterinario,l’istituto dell’adozione qualora vi siano richieste in tal senso,la ricerca di sperimentazioni alternative a quelle sugli animali etc;nel 93 la legge 413 introduceva le “Norme sull’obiezione di coscienza alla sperimentazione animale che riguarda medici,ricercatori,personale,sanitario,laureati,tecnici,infermieri e studenti che non potranno essere penalizzati per tale scelta.
Infine il decreto legislativo n 50 del 2005 derivante da Direttive comunitarie vieta,in materia di prodotti cosmetici, ogni tipologia di test sugli animali entro il 2013.
La disciplina giuridica che regola gli allevamenti di animali differisce secondo la specie animale allevata.
Esistono singole statuizioni che fanno riferimento alle caratteristiche dell’animale allevato e poi esiste una disciplina omnicomprensiva che fissa principi generali relativi alla protezione di qualsiasi animale allevato.
Un allevamento particolarmente contestato dagli animalisti è quello delle galline ovaiole in batteria,che l’Unione Europea dal 2012 lo vieta in assoluto valutando come primario il benessere dell’animale e secondario il momento produttivo;infatti le galline ovaiole sono allevate in batterie di gabbie dove gli animali sono posizionati in modo da ridurre al minimo i movimenti,tali gabbie inoltre presentano un fondo arrotondato atto ad impedire il riposo e mantenendo sempre accese le luci consentendo una produzione quasi continua di uova. In ultimo le galline,senza anestesia,vengono private del becco per non ferirsi o aggredire le altre a causa dello stress cui sono sottoposte.
La direttiva comunitaria prescrive che le galline dovrebbero godere di 10 mq cadauna negli spazi aperti e 7 galline per mq al chiuso.
Il decreto legislativo n.146 del Marzo 2001 si occupa in generale della protezione degli animali negli allevamenti.
Nel Decreto sembra prevalere il benessere degli animali sugli interessi umani tendenza rafforzata dall’Allegato che prevede tra l’altro il divieto di mutilazioni e costrizioni negli allevamenti,garantendo libertà di movimento agli animali e propugnando la riconversione degli allevamenti degli animali da pelliccia.
Per quanto attiene il trasporto di animali questo è vietato per quelli che non sono idonei a sopportare il viaggio è ammesso inoltre il trasporto di animali feriti o malati solo se ciò non è fonte di dolori e sofferenze.
Bisogna garantire loro sufficiente spazio in rapporto alla mole ed alle esigenze dell’animale,riposo,alimentazione e abbeveraggio è fatto divieto di trasportare animali gravidi o che abbiano figliato nelle ultime 48 ore;queste lodevoli norme sono però impedite nell’esplicazione dei loro fini dalla mancanza di controlli.
Per quanto attiene alla pratica della macellazione questa deve essere preceduta dallo stordimento dell’animale per evitargli inutili sofferenze così facendo si risolverebbero contemporaneamente due problemi quello relativo la tutela degli animali e quello della salubrità della carne che sarebbe messa a rischio dalla tossine che si sprigionerebbero in caso di morte dolorosa.
Sfortunatamente però tali tutele vengono meno nel caso in cui si proceda alla macellazione domiciliare per consumo familiare.
Discettare dell’attività venatoria con riguardo ai diritti degli animali per quanto strano è di certo opportuno.
La regolamentazione dell’attività venatoria discende da provvedimenti normativi e da una fluente attività giurisprudenziale che ripetutamente ha coinvolto la Corte Costituzionale.
La legge 157 del 92 che prende spunto da una Direttiva Comunitaria del 1979 definisce la fauna selvatica come “patrimonio indisponibile dello Stato” attribuendole così valore di bene pubblico,vincolato dalla legge ad una precisa destinazione che adeguandosi alle fonti di diritto internazionale fa si che il bene possa essere alienato nel caso specifico al cacciatore.
La protezione si rivolge alla fauna omeoterma cioè uccelli e mammiferi escludendo la fauna eteroterma cioè pesci,anfibi e rettili,differenziandosi da quanto previsto in ambito internazionale cui si aggiunge che le specie protette risultano meno rispetto a quanto previsto dalla Direttiva Comunitaria.
Inconsistente è la struttura sanzionatoria infatti la legge del 92 prevede che per l’uccisione di un animale di specie protetta si vada incontro ad una semplice ammenda,mentre la legge del 77 prevedeva la revoca definitiva della licenza di caccia;per di più la maggior parte dei reati previsti dalla normativa summenzionata accade così che il bracconiere può evitare il processo pagando una somma.
La molteplicità di eventi che coinvolgono gli animali non deve destare stupore,bisogna infatti ricordare che sin dall’antichità le più disparate civiltà sfruttavano gli animali per scopi diversi da quelli primari.
Un circo mediamente sfrutta 100-150 animali,di cui la maggior parte non potrebbe essere detenuta poiché definiti “pericolosi per la salute e l’incolumità pubblica” ma poiché i controlli sono inconsistenti le condizioni di vita degli animali dei circhi sono lontane dal garantire loro un dignitoso livello di benessere.
La Direttiva europea dava massima libertà ai Paesi membri nell’organizzazione degli zoo. Lo scopo degli zoo dovrebbe essere salvaguardare alcune specie animali in pericolo con l’intento di un loro successivo reinserimento in natura ma sfortunatamente “mai” questo secondo step viene rispettato.
Il togliere la libertà agli animali confinandoli negli zoo e nei circhi determina una esagerata sofferenza che non è in alcun modo commisurabile agli interessi umani.
Il nostro Paese vieta le corride,le corse con uso di pungolo acuminato,combattimenti di animali,lancio di anitre in acqua,l’uso di animali vivi come alberi della cuccagna o per bersaglio fisso e simili.
Esistono però tradizioni popolari che non tengono in alcun modo conto del benessere degli animali come il Palio di Siena dove molti cavalli periscono brutalmente.
Anche le Regioni hanno competenza circa la tutela degli animali.
Le Regioni si interessano principalmente di attività venatoria anche perché l’indirizzo della Corte Costituzionale sembra attribuire alle Regioni competenze in tema di caccia,attribuendo la maggior parte delle competenze allo Stato.
Ma le Regioni si occupano anche di animali d’affezione,regole sugli allevamenti e macellazione.
Sono per esempio previsti i cimiteri degli animali il riconoscimento di cane di quartiere,contributi per le associazioni animaliste,norme in materia di vivisezione.
A tal proposito un plauso deve essere tributato alla Regione Emilia Romagna che prendendo spunto dalle molteplici Direttive Comunitarie ha approvato una serie di leggi a tutela del benessere degli animali che affrontano temi quali:modalità di detenzione,commercio e allevamento di animali da compagnia,condizioni di svolgimento degli spettacoli con animali,controllo dei sinatropi (topi colombi etc).
La legge regionale desta particolare interesse dove si stabiliscono i doveri di chi detiene un animale: “Chiunque conviva con un animale da compagnia o abbia accettato di occuparsene a diverso titolo è responsabile della sua salute e del suo benessere e deve provvedere alla sua idonea sistemazione,fornendogli adeguate cure e attenzioni,tenendo conto dei suoi bisogni fisiologici ed etologici secondo l’età,il sesso,la specie e la razza”.
Quasi tutte le Regioni hanno realizzato nuovi Statuti per la protezione dell’ambiente,del territorio,della flora e della fauna ma sfortunatamente ben poche hanno introdotto disposizioni attestanti l’esistenza di diritti degli animali.
L’approccio legislativo e giurisprudenziale non ha realizzato il salto di qualità tanto auspicato,salto di qualità che potrebbe però realizzarsi a livello costituzionale idea tutt’altro che estrosa poiché in armonia con quanto previsto dalla Direttive Comunitarie e con quanto già fatto da alcuni Paesi e talune Regioni.
Il recente Trattato europeo sancisce:”l’Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti” accade così che gli animali assumono un valore non da specie ma da individui.
Il poter attribuire uno spazio agli animali nella nostra Costituzione è argomento oggetto di valutazione da parte del Parlamento che sta valutando la modifica dell’articolo 9. L’articolo 9 non menziona esplicitamente l’ambiente tra i suoi oggetti,fermandosi alla tutela del paesaggio.
Per lungo tempo si è pensato che la tutela prevista dall’articolo 9 si riferisse al paesaggio da un punto di vista estetico;il poco interesse per l’ambiente risultava palese anche nella legislazione ordinaria che fino agli anni 60 non palesa interessi di tutela e protezione ambientale preoccupandosi di tutelare interessi pubblici quali:igiene,sanità pubblica e valori estetico-culturali.
Verso la fine degli anni 60,grazie alle pressioni comunitarie si profilano interventi volti alla protezione ed allo sviluppo dell’ambiente con una parallela evoluzione della giurisprudenza costituzionale.
Un’ulteriore tassello è stato posto dalla creazione del Ministero dell’ambiente.
La Consulta ci dice che per ambiente bisogna intendere(sentenza n°210 del 1987) : ”la conservazione,la razionale gestione ed il miglioramento delle condizioni naturali,l’esistenza e la preservazione dei patrimoni genetici terrestri o marini,di tutte le specie animali o vegetali che in esso vivono allo stato naturale ed in definitiva la persona umana in tutte le sue estrinsecazioni”.
E’ la Corte Costituzionale che nel 1987 attribuisce valore costituzionale alla tutela dell’ambiente divenendo l’ambiente diritto fondamentale della persona e interesse fondamentale della collettività.
Nel 2001 a seguito delle modifiche del Titolo V della Costituzione,la protezione dell’ambiente,acquista definitivamente rango costituzionale e con un successivo intervento della Corte Costituzionale si chiarifica che tale protezione deve coinvolgere obbligatoriamente sia lo Stato che le Regioni.
Alla luce di quanto sopra esposto appare auspicabile l’inserimento degli animali all’interno della Costituzione,bisogna quindi determinare quale tipo di rapporto uomo-animale sia auspicabile.
Eguaglianza parziale o riconoscimento di uno status simile o identico a quello degli umani?
Nel primo caso avremmo una posizione preferenziale degli umani che riconoscerebbero,però,particolari diritti agli altri esseri;la seconda ipotesi vedrebbe,invece,una situazione paritetica sfortunatamente però questa seconda ipotesi per quanto auspicabile ad oggi appare impraticabile.
Pertanto,sebbene insufficiente risulta più agevole ipotizzare un rapporto di eguaglianza parziale anche perché l’impianto costituzionale è di tipo antropocentrico e mal si presterebbe ad una piena eguaglianza. Quindi in attesa che i tempi siano maturi per uno stravolgimento della Costituzione che stravolga,appunto,il suo impianto antropocentrico il traguardo cui ambire nell’immediato è quello dell’eguaglianza parziale.
Nel 2004 la Camera dei Deputati ha approvato in prima lettura,il testo che modifica l’articolo 9 stabilendo che la Repubblica:”tutela l’ambiente e gli ecosistemi,anche nell’interesse delle future generazioni. Protegge la biodiversità e promuove il rispetto degli animali.
Nelle varie proposte di modifica traspariva uno spirito animalista che manifestava il desiderio di riconoscere agli animali la condizione di esseri senzienti e di dignità animale ,sfortunatamente,come troppo spesso accade,le buone intenzioni summenzionate non sono riuscite a concretizzarsi riducendosi alla sola promozione del rispetto degli animali
La legislazione italiana in materia di animali nel contesto urbano
A questo punto ci proponiamo di affrontare l’analisi di alcune disposizioni normative in materia di tutela degli animali nei contesti urbani che possono fungere da “cartine di tornasole” per le considerazioni che abbiamo precedentemente svolto.
Legge quadro sul randagismo:
La legge quadro 14 agosto 1991, n. 281, sugli animali d’affezione e sulla prevenzione del randagismo dimostra l’acquisita cognizione da parte del legislatore di una crescente presenza nel tessuto sociale e familiare italiano di animali domestici di varia specie. Questa normativa ha fissato alcuni importanti principi in materia di randagismo, stabilendo che il controllo delle popolazioni animali si attui con la prevenzione e non con l’uccisione, abolendo così la soppressione per gli animali senza padrone e segnando un sensibile progresso verso interessi e sensibilità animaliste prima sconosciuti. L’art. 1 sancisce, infatti, che “Lo Stato promuove e disciplina la tutela degli animali di affezione, condanna gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti ed il loro abbandono, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l’ambiente”. È importante sottolineare come la tutela prevista per gli animali trovi la sua ratio nella volontà di assicurare una corretta convivenza tra uomo ed animale, piuttosto che nella garanzia di interessi più propriamente umani, quali la salute pubblica o l’ambiente. La stessa si segnala, inoltre,per la compresenza all’interno del testo normativo di motivazioni di carattere ecologista con altre di carattere animalista, che sottolineano l’attenzione verso il riconoscimento e la tutela degli interessi degli animali.
Nella sostanza la nuova legge si propone di fornire una soluzione al triste fenomeno dell’abbandono dei cani e del randagismo. Uno dei punti focali della riforma riguarda, infatti, il riordino dei canili comunali: si è cercato, da un lato, di favorire che i cani in essi ricoverati siano più facilmente ceduti a privati, i quali devono garantirne il “buon trattamento”, dall’altro di evitare che i “cani vaganti catturati” (da notare la significativa sostituzione di “vaganti” al posto del vecchio “randagi”) venissero soppressi o destinati alla sperimentazione. I cani alloggiati nei canili possono, ora, essere soppressi “in modo esclusivamente eutanasico, ad opera di medici veterinari”, ma solo nel caso in cui risultino “gravemente malati, incurabili o di comprovata pericolosità”; la loro destinazione alla sperimentazione costituisce comunque, ai sensi dell’art. 5, comma 4, un’infrazione alla legge punita con una sanzione amministrativa da 2582 a 5164 euro 25.
Per quanto riguarda i gatti, la legge riconosce evidente ed essenziale la loro qualità di animali liberi e abbandona l’aggettivo “randagi”, incompatibile con quella natura: si parla, allora, di gatti “che vivono in libertà”, vietando nel contempo “a chiunque di maltrattare” questi animali ed autorizzandone la soppressione soltanto “se gravemente malati o incurabili”.
Al momento della sua promulgazione, la legge quadro sul randagismo ha sollevato numerose critiche ed opposizioni da parte delle Regioni a causa di una presunta lesione delle competenze riservate all’ente territoriale: tali dubbi sono stati,tuttavia, ritenuti infondati dalla Corte Costituzionale con sentenza 25 marzo 1992, n.123. Una circolare del Ministero della Sanità del 14 maggio 2001, n. 5, ha, poi,denunciato il fatto che solo recentemente si sia registrato il completo adempimento della norma, nel senso che alcune Regioni hanno impiegato otto o nove anni per realizzare il risultato richiesto: ciò perché durante i primi anni di applicazione è stata sottovalutata l’importanza della legge, probabilmente a motivo del modesto supporto finanziario e considerato che quasi tutti gli onerosi compiti ricadevano sulle Autorità territoriali le quali, nel frattempo, lamentavano difficoltà economiche per altre incombenti attività sociali e si rifugiavano dietro l’equivoco, allora non ancora chiarito, del riparto di competenze tra i comuni e le Asl.
L’art. 3, comma 1, della legge 281 sancisce poi la nascita dell’“anagrafe canina” presso i Comuni e le unità sanitarie locali: le Regioni dovevano, entro sei mesi,disciplinarla con propria legge e stabilire le modalità per l’iscrizione e per il rilascio al proprietario o al detentore della sigla di riconoscimento del cane, da imprimersi mediante tatuaggio indolore. Negli anni seguenti, l’esperienza diretta sugli animali portò alla luce gli aspetti negativi conseguenti all’utilizzo di questo mezzo di identificazione: la necessità di un’anestesia per evitare il dolore provocato dall’operazione del tatuaggio, la difficoltà di lettura dei dati tatuati, lo sbiadirsi degli stessi con il tempo, l’impossibilità di leggere il tatuaggio su cani con cute pigmentata,fino a casi di manomissione con bruciature o asportazione del lembo di pelle tatuato, per non parlare dei numerosi problemi inerenti alle diverse modalità di archiviazione dei dati da parte degli enti preposti, con conseguente inefficacia del sistema. Sulla base di queste considerazioni alcune regioni introdussero l’identificazione mediante microchip come metodo alternativo e, in futuro, sostitutivo del tatuaggio28.
In base all’Accordo Stato-Regioni del 6 febbraio 2003, sul benessere degli animali da compagnia e “pet-therapy”, le Regioni e le Provincie Autonome di Trento e Bolzano si sono impegnate ad introdurre il microchip come unico sistema ufficiale d’identificazione dei cani, a decorrere dal 1° gennaio 2005 (art. 4). I Comuni all’atto dell’iscrizione di un cane all’anagrafe canina devono consegnare al proprietario un microchip di riconoscimento identificato da un numero di codice che contraddistingue l’animale e rilasciare la documentazione ufficiale comprovante l’avvenuta iscrizione.
Come adempimento successivo, una copia deve essere consegnata al veterinario,un’altra rimane al proprietario ed una terza deve venir restituita al Comune non appena il microchip sia stato applicato all’animale. L’inserimento sottocutaneo del microchip deve essere eseguito dal servizio veterinario dell’Asl competente o dal proprio veterinario di fiducia in modo indolore e tale da non recare danno all’animale.
Si osservi, inoltre, che nei casi, per il vero frequenti, di sopravvenuta illeggibilità del tatuaggio precedentemente effettuato al proprio cane, il proprietario è tenuto a fare sostituire il codice con l’inserimento del microchip. I proprietari di cani sono altresì tenuti a segnalare la cessione o la morte di un animale nonché eventuali cambiamenti della propria residenza. L’iscrizione del cane all’anagrafe canina del Comune di nuova residenza del proprietario non comporta la modifica del codice di riconoscimento con il quale il cane è stato identificato. La mancata iscrizione del cane all’anagrafe ad esso dedicata come la mancata applicazione del microchip di identificazione comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa.
Dal 2008 il microchip diverrà obbligatorio nell’Unione Europea in base al Regolamento 998/2003/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 Maggio 2003, relativo alle condizioni di polizia sanitaria applicabili ai movimenti a Carattere non commerciale di animali da compagnia.
Un’ulteriore problematica di sicuro interesse ed attualità è quella relativa al difficile “rapporto” tra condomini ed animali d’affezione.
Spesso nei regolamenti condominiali è presente una clausola in base alla quale si vieta ai proprietari o agli inquilini di tenere nei propri appartamenti cani o altri animali molesti. L’effettività di tale tipo di divieti è alquanto controversa.
Il regolamento condominiale, se espressamente accettato e sottoscritto, rientra nella fattispecie dei cosiddetti regolamenti contrattuali (o di natura pattizia) ed ha,quindi, efficacia reale. Spesso, però, si verifica l’ipotesi in cui nel condominio si trova un regolamento preesistente, che vieta il possesso di animali in genere. Un simile divieto non ha alcun valore, in quanto comporta una limitazione del diritto di proprietà sulla porzione di condominio di proprietà esclusiva (l’appartamento, art. 1138 c.c.).
I motivi più frequenti che inducono a contestazioni in ambito condominiale sono la sporcizia nelle aree condominiali, l’abbaiare ed ululare in ore inopportune, la pericolosità di alcuni cani, specie se lasciati liberi senza
museruola, etc.. La richiesta di allontanare un animale, però, oltre ad essere fondata su validi motivi, deve essere proposta da più inquilini. I casi in cui il Giudice e l’Autorità Sanitaria possono imporre l’allontanamento degli animali
sono davvero rari e si verificano quando si riscontrino comprovati motivi di ordine igienico-sanitario. Inoltre, le immissioni (provocate dall’abbaiare degli animali, dal puzzo, etc.) devono ritenersi illecite solo quando la loro
intensità e la loro frequenza risultino tali da causare disturbi alla quiete o malessere nei condomini che superino il limite della normale tollerabilità ai sensi dell’art. 844 c.c.33.
Nelle case in locazione, in conclusione, è possibile vietare la detenzione di animali solamente nel caso in cui il proprietario dell’appartamento all’atto dell’acquisto si sia impegnato per contratto a non consentire la presenza di animali.
Infine il13 Dicembre 2007 la UE ha riconosciuto,a Lisbona, all’interno dell’art. 13 nella II parte del Trattato a 27 membri, lo status di esseri senzienti agli animali, determinazione che entrerà in vigore in Italia il 1° Gennaio 2009.
“Nel formulare e implementare le politiche sull’agricoltura, pesca, trasporti, mercato interno e ricerca, l’Unione e gli Stati Membri devono, poiché gli animali sono esseri senzienti, porre attenzione totale alle necessità degli animali, sempre rispettando i provvedimenti amministrativi e legislativi degli Stati Membri relativi in particolare ai riti religiosi, tradizioni culturali ed eredità regionali.”
Indice
Introduzione: pagina 1/3
Capitolo 1: L’ambiente e l’ecologia pagina 4/14
Capitolo 2:Religione e animali,nuovo antropocentrismo pagina 15/23
Capitolo 3:La bioetica ambientale e animale pagina 24/29
Capitolo 4:Diritti degli animali pagina 30/64
Capitolo 5:La legislazione italiana in materia di animali nel contesto urbano pagina 65/74
Messina: 08/01/2009 Tancredi Rizzotti
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